A Teramo, in questi giorni, le cromie dell'autunno brillano ancor di più sotto i riflettori del Premio internazionale per la fotografia cinematografica Gianni Di Venanzo. La manifestazione, promossa dall'Associazione Teramo Nostra, rende omaggio alla memoria ed alla carriera di Gianni di Venanzo, maestro del cinema e concittadino, che ha dato la “luce” ai grandi della filmografia italiana del dopoguerra: Antonioni, Visconti, Fellini, Rosi. Senza tralasciare la rosa dei premiati che, come ogni anno, vanta i nomi eccellenti del cinema, quali Giuseppe Lanci, Mario Bava, Josè Luis Alcaine, Stefano Falivene, qui si vuole riflettere su un aspetto nuovo del Di Venanzo, insolito per la città e per le nostre abitudini, cioè sulla scelta di alcuni luoghi di proiezione: la casa di Riposo De Benedictis, l'Università (anche se nella sede decentrata di Mosciano Sant'Angelo), la sala Polivalente della provincia. La domanda è: perché una scelta cos_. A guardare i titoli dei film e lo spazio della loro proiezione viene spontanea la considerazione che il cinema serba una straordinaria capacità di coinvolgimento emotivo e può essere proposto in luoghi non pensati né costruiti per il cinema stesso. Che il Di Venanzo si intrufoli in certi ambienti, riuscendo cos_ _ anche con una sapiente scelta dei titoli in relazione al luogo della proiezione a toccare corde che solo la settima arte sa evocare, è la bella prova di una volontà da parte del Premio di non accasarsi su torri lontane ed alte della fruizione ma di “gettare luce” su se stesso e contemporaneamente sui luoghi nei quali proporre la sua magia: una città del cinema, allora, in questo senso, s_. E c'è dell'altro: il cartellone offerto agli spettatori contiene pellicole che raccontano tutta la storia e l'avventura del cinema: dal “Romeo e Giulietta” del 1912 a “Volver” del 2006; dalla suggestione del muto al sonoro, dal bianco e nero al colore, con interessanti escursioni dentro le fasi che hanno scritto tali passaggi soffermandosi piacevolmente sul primo esperimento in tecnikolor, che mostrava solo il rosso e il verde, i colori primari, sfumati e tenui, proprio come quelli di quest'autunno teramano. Non da meno, ed anzi proprio in questa ottica, appare indicativa la scelta di proiettare pellicole che hanno gradualmente sviluppato una tecnica fotografica di volta in volta più raffinata, nella quale e della quale Gianni Di Venanzo, partito da Teramo, è diventato maestro riconosciuto ed acclamato. Ed è questa osservazione che ci dà lo spunto per un'altra considerazione: il Di Venanzo è manifestazione che, come in uno specchio magico, riflette nella sonnacchiosa realtà di provincia, le fibrillazioni della mondanità metropolitana… E ora c'è attesa per la serata finale, con la partecipazione di Sergio Zavoli e la passerella di Zeudi Araya, sabato pomeriggio alle 17, 30. Negli anni passati proprio la serata di gala aveva dato spunto alle critiche più accese: improvvisazione, confusione, organizzazione non impeccabile. speriamo che quest'anno le cose vadano diversamente. Staremo a vedere.
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