TERAMO – Gianni Chiodi non è più il sindaco di Teramo. Il primo cittadino ha infatti firmato la lettera con cui si dimette dall’incarico, come prevede la legge elettorale per la Regione, quella meglio conosciuta, paradossalmente, come "legge anti-sindaci". Lo ha fatto per porre la sua candidatura alla Regione, non come semplice consigliere, ma quale concorrente alla carica di Governatore. Lo fa con la forza di un risultato, quello che nel 2005 lo portò alla conquista del Comune di Teramo, unica roccaforte del centrodestra in Abruzzo, ma anche con una ottima referenzialità di risultati e di buon governo della cosa pubblica. Lo fa soprattutto perchè sollecitato da più parti dall’Abruzzo, in maniera particolare da forti lobby imprenditoriali e intellettuali, ma anche da tantissima gente comune che lo vede come potenziale ottimo presidente della regione. «Non sono in grande forma – è il primo commento di Chiodi da ex sindaco -: mi dispiace lasciare perchè è, come dire, una sorta di atto in assoluto più “teramano" che ho adottato da sindaco».
E forse anche perchè il rischio è forte, vero?
«Diciamo di sì… perchè sono senza paracadute…»
Perchè Chiodi si candida alla Regione, in un momento come questo?
«Ritengo che sia giunto il momento di riscoprire l’orgoglio di essere abruzzesi, di impegnarsi per far sì che la nostra regione non appaia sui giornali nazionali e internazionali come sta facendo adesso, quasi fosse un centro di malaffare».
Che non significa poi schierarsi con un partito, per Chiodi "l’indipendente" di centrodestra…
«In qualche maniera se c’è volontà di superare l’appartenenza a Forza Italia o ad Allenza Nazionale io mi ritrovo perfettamente nel Pdl. Quando sarà formalizzato questo passaggio io sarò il primo ad esserci».
Insomma, per Chiodi è una chiamata, una "discesa in campo" forse obbligata da esponente del centrodestra?
«Ricevere solleitazioni da tutto l’Abruzzo ccredo che sia riconoscimento per tutta la classe dirigente teramana, che ricordo essere stata l’unica vincente negli anni bui del centrodestra. Si tratta di un riconoscimento a un modello di coesione politico-ammministrativa che può essere considerato già motivo di vanto: essere tra coloro che possono essere valutati».
Gianni Chiodi è consapevole del rischio?
«Sì, è vero, è un rischio, ma il problema serio adesso è l’Abruzzo: è un momento drammatico non solo per il problema morale ma soprattutto per quello finanziario. Fino a quando non si avrà percezione di questo non si avrà chiaro il progetto di governo dell’Abruzzo. Il nodo degli ultimi dieci anni è stato questo: non si è governato l’Abruzzo secondo un progetto, ci si è retti più sull’improvvisazione».
Che Teramo lascia?
«Teramo ha una programmazione fatta di atti e non di sogni o idee. Fino a oggi abbiamo disegnato le tappe dei prossimi 10 anni, sia attraverso la società di trasformazione urbana, con il nuovo teatro, il welfare sul piano locale. Ecco, c’è una strada ben delineata. Quello che c’è da fare è continuare su questa traccia, sul dinamismo, sulla ripresa culturale. Nei prossimi anni, chiunque verrà, lavorerà su questi temi, altrimenti si dovrà limitare alla ordinaria ‘manutenzione’ perchè mancheranno le finanze».
Dunque da domattina il testimone e la fascia di sindaco passano a Berardo Rabbuffo, il vice di giunta. Le dimissioni del sindaco Chiodi diventeranno definitive tra 20 giorni: soltanto allora verrebbe nominato un commissario prefettizio per la gestione ordinaria fino alla data delle elezioni. Due le ipotesi: voto in aprile, o accorpamento con le regionali del dopo sanitopoli, ovvero a novembre.