TERAMO – Dai ricercatori della facoltà di Agraria dell’Università di Teramo riceviamo e volentieri pubblichiamo.
"I ricercatori universitari della Facoltà di Agraria dell’Università di Teramo hanno manifestato martedì 29 e mercoledì 30 luglio in occasione delle sedute di laurea della Facoltà il loro disagio sul proprio futuro lavorativo e su quello dell’intera università italiana. I provvedimenti in questi giorni in discussione in Parlamento rischiano infatti di compromettere principalmente proprio le possibilità di lavoro e di carriera della classe più debole del sistema universitario. I ricercatori (che rappresentano da soli più di 1/3 del personale docente dell’Università) svolgono di fatto le stesse attività dei professori (insegnamento e ricerca) ma questo ruolo non è riconosciuto né a livello normativo né retributivo. Lo stipendio di entrata di un ricercatore (e mediamente si arriva al concorso di ricercatore dopo tre anni di dottorato e un numero imprecisato di anni di contratti precari, quindi ben oltre i trent’anni) è di circa 1.200 €; quello di un ricercatore "confermato" (dopo la valutazione positiva del lavoro svolto nei primi tre anni di attività) è di circa 1.600 €. Tra i provvedimenti proposti vi è sia il blocco del turn-over, quindi della possibilità di fatto per i ricercatori di fare carriera diventando professori, che degli scatti di anzianità, quindi della possibilità di progredire nello stipendio per anzianità di occupazione. La categoria dei ricercatori non ha quindi nessun privilegio da difendere come molti organi di stampa vogliono in questi giorni far credere all’opinione pubblica! Vogliamo al contrario avere la possibilità di lavorare in un contesto dove chi lavora seriamente e ottiene risultati (nella didattica e nella ricerca, nonostante le difficoltà strutturali dell’Università già denunciate dagli organi accademici, sia dal Senato Accademico che dal Consiglio di Facoltà) venga premiato con la possibilità di crescere nella carriera e nella retribuzione, come avviene nel privato ed in ogni contesto lavorativo serio ed efficiente. Il rischio è invece che provvedimenti indiscriminati vadano a colpire proprio chi dovrebbe assicurare il futuro dell’Università. E garantire un futuro all’Università, quindi la qualità della ricerca, della didattica ma anche l’accessibilità a tutti i soggetti meritevoli indipendentemente dal reddito, vuol dire garantire non una specifica categoria lavorativa ma lo sviluppo futuro della società e dell’economia italiana. I ricercatori della Facoltà di Agraria”.
"I ricercatori universitari della Facoltà di Agraria dell’Università di Teramo hanno manifestato martedì 29 e mercoledì 30 luglio in occasione delle sedute di laurea della Facoltà il loro disagio sul proprio futuro lavorativo e su quello dell’intera università italiana. I provvedimenti in questi giorni in discussione in Parlamento rischiano infatti di compromettere principalmente proprio le possibilità di lavoro e di carriera della classe più debole del sistema universitario. I ricercatori (che rappresentano da soli più di 1/3 del personale docente dell’Università) svolgono di fatto le stesse attività dei professori (insegnamento e ricerca) ma questo ruolo non è riconosciuto né a livello normativo né retributivo. Lo stipendio di entrata di un ricercatore (e mediamente si arriva al concorso di ricercatore dopo tre anni di dottorato e un numero imprecisato di anni di contratti precari, quindi ben oltre i trent’anni) è di circa 1.200 €; quello di un ricercatore "confermato" (dopo la valutazione positiva del lavoro svolto nei primi tre anni di attività) è di circa 1.600 €. Tra i provvedimenti proposti vi è sia il blocco del turn-over, quindi della possibilità di fatto per i ricercatori di fare carriera diventando professori, che degli scatti di anzianità, quindi della possibilità di progredire nello stipendio per anzianità di occupazione. La categoria dei ricercatori non ha quindi nessun privilegio da difendere come molti organi di stampa vogliono in questi giorni far credere all’opinione pubblica! Vogliamo al contrario avere la possibilità di lavorare in un contesto dove chi lavora seriamente e ottiene risultati (nella didattica e nella ricerca, nonostante le difficoltà strutturali dell’Università già denunciate dagli organi accademici, sia dal Senato Accademico che dal Consiglio di Facoltà) venga premiato con la possibilità di crescere nella carriera e nella retribuzione, come avviene nel privato ed in ogni contesto lavorativo serio ed efficiente. Il rischio è invece che provvedimenti indiscriminati vadano a colpire proprio chi dovrebbe assicurare il futuro dell’Università. E garantire un futuro all’Università, quindi la qualità della ricerca, della didattica ma anche l’accessibilità a tutti i soggetti meritevoli indipendentemente dal reddito, vuol dire garantire non una specifica categoria lavorativa ma lo sviluppo futuro della società e dell’economia italiana. I ricercatori della Facoltà di Agraria”.