TERAMO – C’è anche una sanità "buona" che conquista le prime pagine dei giornali. Quella che sottolinea come a volte, la professionalità e la solidarietà possono superare il confronto con la statistica, i numeri, il rapporto costo-benefici. E’ la storia di Gino O., pensionato 76enne di San Benedetto del Tronto, dato per quasi spacciato da quattro ospedali e tre ‘luminari’, salvato dall’equipe di un "ospedaletto di provincia", quella di otorinolaringoiatria del Mazzini di Teramo. ∏oco più di un anno fa, Gino era un fantasma condannato su una sedia a rotelle, con un pace-maker scarico che rischiava di fargli fermare il cuore, i piedi a rischio di amputazione, una grave cardiopatia ma soprattutto per quel cancro alla laringe che non lo faceva più parlare e, purtroppo, respirare. I figli Floriano e Fernanda le avevano tentate tutte: consulti specialistici, una vera e propria odissea per gli ospedali, da Milano ad Ancona, dal Gemelli di Roma al Sant’Orsola di Bologna. Dovunque la stessa risposta: lasciatelo andar via in pace, è inutile operarlo, l’intervento è troppo rischioso, piuttosto provvediamo subito a cure palliative che possono rendergli meno doloroso il trapasso. Una sentenza di morte già scritta, anche i tempi già previsti: al massimo due settimane di vita. Soltanto a Modena, un piccolo spiraglio, sotto forma di consiglio: siete di San Benedetto? Provate a Teramo, vedete se lì possono. Gino arriva al Mazzini per caso: doveva sottoporsi a una seduta di radioterapia, trova un medico coscienzioso che prima di procedere chiede consulto ai colleghi del reparto di otorino. Il salvatore di Gino veste così i panni del dottor Pietro Romualdi (entrambi ritratti nella foto), che si incuriosisce a quello stato clinico. Ci pensa su e poi propone a Floriano e Fernanda la soluzione: perchè non operarlo? Ai figli del paziente è sembrata una provocazione, a quel punto della vicenda, ormai rassegnati a un destino più forte della speranza. «Ci ha convinti la disponibilità del dottor Romualdi – raccontano -, la sua passione nell’affrontare il caso, di osservarlo sotto i molteplici profili clinici: noi fino a quel momento avevamo incontrato soltanto medici che pensavano per la loro branca specialistica e che avevano molta paura della statistica, del rischio: non volavano un paziente che potesse morire sotto i ferri». «Abbiamo affrontato il caso studiandolo nella sua complessità – ha spiegato Pietro Romualdi – e insieme ai miei colleghi del reparto, grazie alle consulenze di altri specialisti del Mazzini, abbiamop valutato tutte le possibili complicazioni, ponderando attentamente il quadro clinico e decidendo quando era il momento migliore per intervenire». L’intervento chirurgico, durato quasi 5 ore, nel novembre del 2009, condotto dal dottor Romualdi, dal dottor Luca Dragoni e dall’anestesista Federica Venturoni. E’ stata asportata completamente la laringe con la massa tumorale. Ed è stato come stappare un lavandino. Gino O. piano piano ha ripreso il colorito, è tornato a respirare normalmente, l’ossigenazione ha migliorato la circolazione sanguigna e i piedi hanno ripreso la loro funzionalità, l’organismo ha ripreso funzioni vitali. Oggi, a distanza di 14 mesi dall’intervento, il pensionato è tornato autosufficiente, guida la macchina, cammina e nei prossimi mesi potrà anche tornare a parlare con l’applicazione di una protesi. Un’altra persona, un altro uomo, un’altra vita. «C’è grande soddisfazione per un caso di questi, obiettivamente molto complesso – spiega Romualdi -. Ci fa piacere poter segnalare che anche al Mazzini possiamo registrare la cosiddetta ‘mobilità attiva’, con pazienti che scelgono questo ospedale per farsi curare. A otorino siamo abituati: su 490 ricoveri dello scorso anno, quasi una settantina provengono da fuori provincia e regione». E la molre di lavoro è alta, a dispetto degli 11 posti letto appena: nel 2010 gli interventi in sala operatoria sono stati oltre 530.
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