ANCONA – La piccola Elena non ce l’ha fatta. Troppi e troppo profondi i guasti al suo piccolo fisico. I medici dell’ospedale pediatrico Salesi di Ancona hanno constatato che non c’era più nulla da fare già nel corso dell’intervento neurochirurgico di ieri pomeriggio. La morte cerebrale ha indotto i sanitari a chiedere ai genitori il consenso all’espianto degli organi, subito concesso. In questo caso è stato prelevato soltanto il cuore, perchè gli altri organi sono stati danneggiati dal violentissimo shock. Nel pomeriggio, dopo la diffusione della notizia della morte di Elena, si è assistito a un vergognoso rimpallo di smentite, che purtroppo hanno soltanto mascherato la tragica realtà di una piccola di 22 mesi che non c’è più. A conferma di questo, c’è stato anche l’arrivo del pm Bruno Auriemma ad Ancona: l’inchiesta si fa delicata, anche perchè – se questo puo avere importanza a questo punto – cambia il titolo di reato da contestare al papà ma potrebbe anche indicare che il magistrato vuole capire cosa sia successo dal ricovero ad Ancona in poi, visto che i primi bollettini medici rassicuravano sulle condizioni della piccola.
Intervento disperato. L’intervento neurochirurgico di ieri sera, imposto dal pessimo quadro clinico della piccola, ha mostrato la crudele realtà: Elena aveva una irreversibile sofferenza cerebrale e l’edema era tanto vasto da non essere rimosso. Chiara a quel punto la morte cerebrale, giunta in tarda mattinata sotto il profilo scientifico, "rinviata" d’ufficio per il necessario arrivo del pubblico ministero Bruno Auriemma da Teramo, e la preparazione di tutte le procedure necessarie per l’espianto del solo cuore, unico organo non danneggiato dal tragico shock.
Il dolore della mamma incinta. La confusione, comprensibilmente, ha invaso il quinto piano del Salesi di Ancona, dove parenti, conoscenti e colleghi del docente e della moglie ricercatrice, hanno fatto muro contro i giornalisti. A difesa di questa famiglia che perde una figlia mentre si prepara per un’altra nascita, a fine mese. Chiara, la mamma di Elena, incinta all’ottavo mese, è stata sedata e accompagnata in un vicino albergo a riposare. Inutile provare a comprenderne il dolore. Poi in serata, la decisione di mostrarsi in tv e di ribadire la sua solidarietà e il sostegno al compagno, aggredito dal dolore ma al tempo stesso anche dal rimorso: "Quello che è successo a Lucio può capitare a ognuno di noi, perchè non ci si ferma mai e lui non si fermava perchè si preoccupava di me, della mia gravidanza e della piccola Elena… Voglio dare al mondo intero l’amore del mio compagno verso la figlia, padre esemplare!", ha aggiunto la donna. "Tutto doveva essere perfetto e io non mi dovevo preoccupare – ha raccontato del marito Chiara -. Lui doveva accompagnare Elena all’asilo e io rimanere a casa a riposare e intanto intorno a tutto questo c’era da pensare al lavoro, alle responsabilità, alla casa appena costruita…. Io non ho mai accusato Lucio e mai lo farò perchè lui, e sottolineo questo, non è colpevole
di niente. Elena adorava il suo papà e la prima parola di Elena è stata bà bà…". Cedendo, infine, alle lacrime, la mamma di Elena ha voluto ringraziare "tutto lo staff medico di Ancona, le psicologhe, l’Associazione Patronesse, lo staff medico di Teramo, i nostri genitori, gli amici e i parenti tutti per il calore e il conforto che ci danno in ogni momento". La giovane donna ha poi chiesto di "lasciarci tranquilli e rispettare il nostro dolore".
Il mercoledì maledetto. Sembra che il professore di veterinaria mercoledì mattina avesse tranquillizzato la moglie: Elena era all’asilo e l’avrebbe ripresa prima perchè quel giorno sarebbe passato il Giro d’Italia a Teramo e le strade avrebbero chiuso. Ma la tappa c’era stata il giorno prima e, purtroppo, Elena al nido "Pinocchio" alla Gammarana non c’era mai arrivata. Era rimasta legata sul suo seggiolino, sul sedile posteriore, nell’abitacolo rovente, sotto i 26 gradi di quel giorno. Il professore se ne accorge soltanto alle 13 quando è uscito dalla facoltà in viale Crispi, convinto di andare all’asilo. E’ il panico. Elena è cianotica, sembra non respirare: il padre l’affida ad alcuni impiegati che la stendono su una scrivania mentre avvertono il 118. Viene intubata, passa dapprima per la rianimazione del Mazzini di Teramo poi il volo della speranza fino al Salesi di Ancona. Scatta l’inchiesta, Petrizzi piomba nella disperazione e finisce sul registro degli indagati per abbandono di minore e lesioni colpose.
Il papà in black-out. Il papà ha avuto un black-out, è rimasto un giorno indietro, riferisce addirittura di aver parlato con le maestre della piccola: è in stato confusionale anche quando parla con i poliziotti, prima di raggiungere Ancona assieme alla moglie. Adesso, oltre alla sofferenza e al rimorso, deve prepararsi ad affrontare il supplizio di una vicenda giudiziaria.