TERAMO – Avevano scelto la provincia di Teramo come tranquillo terminale per le trattativa, la ricezione e lo smistamento della cocaina che arrivava dalla Colombia, dalla Repubblica Dominicana e dal Costarica. Sono quattro i giovani teramani insospettabili finiti nelle maglie dell’inchiesta "Barrik" dei carabinieri del reparto operativo del comando provinciale di Teramo e della procura distrettuale antimafia dell’Aquila, coordinati dal sostituto procuratore David Mancini. I nomi di Vincenzo Falà di Teramo, Gianni Tassoni di Colonnella, Cinzia Massetti di Martinsicuro e Melissa Gaspari di Tortoreto, sono tra i 58 destinatari delle ordinanze di custodia cautelare firmate dal gip della Distrettuale aquilana, Giuseppe Gargarella. Traffico internazionale di cocaina, almeno 50 chili introdotti in Italia negli ultimi anni, dei quali 10 sequestrati all’aeroporto di Falconara e alla stazione di Giulianova, per un valore complessivo di oltre 2,5 milioni di euro, che sul mercato avrebbe reso tre volte di più perchè la cocaina, trasportata anche sotto forma liquida, era pura all’80 per cento.
La prima indigine che scopre dai capi ai corrieri. L’indagine assume un valore importante e l’applicazione dell’aggravante della "transnazionalità" perchè per la prima volta riesce a individuare tre livelli di organizzazione, dai capi ai corrieri e ai venditori locali, disegnando un quadro complessivo del sodalizio criminale, al punto da smantellarlo. Un’inchiesta partita nel 2010 dopo una segnalazione dei servizi segreti al comando teramano sull’esistenza di un gruppo sudamericano che proprio in questa provincia teneva contatti con il paese d’origine, la Colombia, per l’acquisto di ingenti quantitativi di cocaina.
La droga nella pancia e nei pannolini. Ingegnosi i meccanismi individuati per trasportare la cocaina. C’era chi la ingeriva, contenuta in ovuli del peso di 12 grammi ciascuno, fino a un massimo di 8-900 grammi per evitare problemi fisici seri in caso di rottura: la pancia diventava così il mezzo di trasporto, dietro un compenso che variava da mille ai 3.000 euro. Ma c’erano anche i pannolini dei bimbi in fasce a nascondere delle ‘cartuccere’ di ovuli identici a quelli nascosti nelle scatole di scarpe: per confondere ed eludere l’olfatto dei cani antidroga, gli ovuli venivano avvolti nel cellophane rivestito di cere aromatizzate al cioccolato o al rhum. Oppure la cocaina era spesso liquida e veniva contenuta in barattoli di schiuma da barba o deodoranti.
Corrieri pagati bene. Chi si assumeva la responsabilità di trasportare droga in pancia o nella valigia veniva ricompensato bene. Oltre ai 3.000 euro contanti, attraverso una parte dell’organizzazione che si preoccupava, a tempo perso, di clonare carte di credito e bancomat in Spagna, si acquistavano viaggi a prezzi stracciati con la facciata di un’agenzia fittizia. Così, l’ansia per il delicato trasporto, veniva spenta al corriere con una lussuosa vacanza a 5 stelle auto di lusso a noleggio in Costarica e Repubblica Dominicana, all inclusive.