TERAMO – L’ultimo bacio prima della morte: è quello che avrebbe ricevuto Melania Rea dal marito Salvatore Parolisi, prima di morire. Ovvero, come il consulente della procura interpreta la presenza, nella bocca della donna, del Dna del caporalmaggiore dell’esercito accusato e in carcere per l’uxoricidio della mamma 29enne di Somma Vesuviana. E’ la prova regina di un processo indiziario, sostengono i pubblici ministeri del pool che ha indagato sul delitto. E domattina, in quella che si annuncia come la prima fase di una ‘disfida’ di periti, lo sosterranno nell’udienza nel tribunale di Teramo in cui il gup Marina Tommolini, affiderà la superperizia richiesta dalla difesa nel giudizio abbreviato condizionato. Sulla stessa lunghezza d’onda la famiglia di Melania, che attraverso il proprio legale, Mauro Gionni. chiederà al giudici di verificare, attraverso gli stessi consulenti, la consistenza di quella traccia genetica: «La presenza di tracce di saliva, molto probabilmente per un bacio – dicono – è durevole perchè in un cadavere la lingua e le labbra nel loro movimento non possono cancellarle». Dunque, chi l’ha uccisa è stato anche l’ultimo a baciarla. E per verificarlo non è escluso che venga chiesto di riprodurre, in laboratorio, la stessa scena: un bacio tra una coppia o più coppie, per misurare prima scientificamente e poi statisticamente, quanto sia vero. E magari poi applicarlo alla presenza di una persona priva di vita. Udienza affollata quella di domani, nell’aula di corte d’assise “Falcone e Borsellino“, a Teramo. Affollata di periti, soprattutto: due, Gianluca Bruno e Sara Gino, medico legale e genetista, ricevranno l’incarico della supeperizia dal gup; altri cinque, saranno sul fronte di procura e parte civile: Adriano Tagliabracci, per il pool di pubblici ministeri, i professori Lorenzo Varetto ed Emiliano Giardina per la difesa di Parolisi, Francesco Introna e Marina Baldi per la famiglia di Melania. Ci sarà da discutere sull’ora della morte e sulla dinamica del delitto, come chiesto dagli avvocati Valter Biscotti e Nicodemo Gentile, ma anche ascoltare tre testimoni il cui contributo, secondo Parolisi, potrebbe avvalorare il suo alibi, di essere stato sempre a Colle San Marco a cercare la moglie scomparsa e non a Ripe di Civitella ad ucciderla.
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