TERAMO – Sono stati tantissimi i teramani che hanno approfittato della bella giornata di sole per effettuare una visita guidata all’interno del Teatro Romano, un “rudere”, come lo definisce la Soprintendenza, che però conserva ancora intatto il fascino della storia che porta con sé. Il sindaco Maurizio Brucchi e i tecnici specializzati che stanno seguendo la prima tranche dei lavori, hanno illustrato quanto fatto finora nel cantiere. “Palazzo Adamoli e Palazzo Salvoni saranno abbattuti – ha assicurato Brucchi – dalla visita al cantiere si evince che non è stato danneggiato nulla (diversa l’opinione di Teramo nostra, ndr), stiamo aspettando la firma definitiva del Protocollo d’intesa per dare l’incarico per il progetto esecutivo e definitivo. La prima tranche di lavori, propedeutica al recupero funzionale, sta per terminare”. E le proteste di Teramo Nostra? Per Brucchi “in realtà – ha sostenuto il sindaco – diciamo la stessa cosa con parole diverse”. Il bando seguirà i suoi tempi tecnici, intanto Brucchi ha deciso di scrivere una lettera al ministro Lorenzo Ornaghi per invitarlo a Teramo a visionare di persona i lavori. Ma Teramo Nostra, che ha organizzato un sit-in di protesta all’esterno dell’area di cantiere, distribuendo volantini, contesta il progetto definitivo di recupero. “Vogliono spostare le pietre perché non intendono ricostruire i 4 fornici”, ha accusato Sandro Melarangelo, mentre l’avvocato dell’associazione Vincenzo Di Nanna ha sottolineato la presenza di architravi in cemento che sono state realizzate su un muro romano “uno scempio”, ha commentato Di Nanna. Duro anche l’attacco alla Soprintendeza. “Sul sito ufficiale – ha attaccato il presidente di Teramo Nostra Piero Chiarini – leggiamo qualcosa di sconvolgente: la Soprintendenza afferma che del teatro è rimasto poco da vedere, in particolare alcuni tratti di pavimentazione”. Teramo Nostra ha chiesto la rimozione dei responsabili, Pessina e Magani, e ha invitato il sindaco “a stare fuori dalla questione tecnica”. Di segno opposto, ovviamente, le dichiarazioni dei responsabili della Soprintendenza. “Quando siamo arrivati – ha sottolineato Marina Cesira D’Innocenzo – abbiamo trovato un buco nero: tutti i reperti erano ammucchiati tra loro. Abbiamo svolto un lavoro certosino e di valore scientifico, riportando ad essere fruibile la struttura”. La prima tranche di lavori infatti ha riguardato il restauro conservativo dell’opera. Anche l’Istituto centrale del Restauro sarà coinvolto. In merito alla questione delle pietre, D’Innocenzo ha precisato “I reperti vanno studiati e catalogati, qualunque sarà il loro destino futuro”. Finora gli interventi realizzati sono costati circa 1 milione e mezzo di euro.
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