TERAMO – «Forse qualcuno pensava che scherzassi, qualcun altro lo ha definito il ‘pianto greco’: io parlavo seriamente uando dicevo che non avrei messo più una lira per il basket…». Lo sfogo è quello di chi, tra la rabbia e la delusione, cerca di non far trasparire che dentro di sè sente come un macigno la responsabilità verso una piazza, verso una tifoseria, verso giocatori e staff tecnici, verso i dipendenti del club, verso decine e decine di ragazzi che nella loro cameretta sognavano fino a ieri di emulare i Boni, i Lulli, i Grant, i Moss, i Poeta, i Brown e tutti quelli che la canotta bianca e rossa a strisce l’hanno portata sui palcoscenici cestistici di tutta Italia.
Lino Pellecchia il giorno dopo. Il giorno dopo l’uscita di scena della Teramo Basket, sconfitta dopo la peggiore delle partite giocate. Pellecchia usa il suo disarmante distacco per spiegarci e confermarci il momento: «Sì, i soldi non stati versati, significa che il basket è finito».
E perchè? Possibile che non si poteva fare qualcosa, possibile che dopo tanto denaro scialacquato negli anni quello più importante non è stato speso? «Lo dico ancora per chi ha fatto finta di non capire: io sono stato lasciato solo. Nessuno mi ha dato un euro. Da quanto ho detto che non ce la facevo più, da quando ho cominciato a piangere, come qualcuno ha detto, ebbene io non ho visto nessun segnale: di nessuno».
Pellecchia è deluso, per essere stato lasciasto solo: «Sono arrivato a 72 anni nella vita e di errori ne ho fatti tanti. Ho spogliato le mie aziende, ma non mi sembra giusto, non mi sembra morale nei confronti dei miei figli, farmi ipotecare tutto per il basket. Se porto dentro il peso della scomparsa del basket? Sì, ma non è nemmeno giusto che scomparissi io…»
Un anno fa, il salvataggio: come sembrano lontani quei tempi…: «Sì anche sotto il profilo economico nessuno ricorda alcuni aspetti importanti: l’anno scorso c’erano 5 milioni di euro di debiti, oggi zero. Sul conto corrente della società ci sono 3mila euro, ma di attivo. E nel corso del campionato ho sborsato un altro milione di euro; e nessuno lo dice, ma dovrò onorare l’impegno dei 150.000 euro di fidejussione cui i giocatori avranno accesso per i loro emolumenti… Ho sbagiato ancora una volta, ma certo non per interesse come qualcun altro ha voluto sostenere. Se ho sbagliato l’ho fatto sempre per inesperienza e buona fede».
Proviamo a chiedergli di quello che è stato, il rapporto e il ruolo di Carlo Antonetti, le promesse e i naufragati sogni di gloria di Alfredo Capasso, ma è inutile: «Preferisco non parlarne». Ma poi si lascia andare un «ho sbagliato un anno fa, non avrei dovuto entrare l’anno scorso nella nuova società ma, ancora una volta, è stata soltanto colpa mia e di nessun altro». Quanto alle istituzioni, qualcosa da dire ce l’ha: «Faccio soltanto l’esempio di Montegranaro: il presidente ci ha spiegato come lì siano riusciti a formare una sorta di consorzio di imprenditori con a capo il Comune di Montegranaro. Ognuno ha versato 35mila euro, comune compreso, e hanno permesso così l’iscrizione e la sopravvivenza del club… Solo qui non succede…». E’ davvero finita, dunque. E cosa succederà per il settore giovanile? «Questa sera avremo una riunione proprio per questo. Ho dato la mia disponibilità per aiutarlo, credo sia doveroso far sopravvivere almeno questo e credo che mi renderò utile…».