TERAMO – «Atenei come laureifici pensati per attrarre iscritti, dunque tasse, ma privi di appeal e spogliati del tradizionale ruolo di ascensore sociale». E’ il quadro emerso dal documento politico approvato da Rifondazione comunista nel congresso regionale che si è svolto l’8 luglio a Pescara. Il partito ritiene che il potenziamento del trasporto pubblico locale, e la soluzione di alcuni problemi organizzativi emersi al tavolo di confronto convocato dal sindaco Maurizio Brucchi siano risposte insufficienti per uscire arginare il calo degli iscritti, secondo la federazione di Teramo e il segretario marco palermo, è la crisi economica a influire sull’emorragia di immatricolazioni. «Non è certo semplice mantenere un figlio iscritto all’università – si legge nella nota diffusa dal partito – e anche quando gli universitari non dovrebbero pagare nulla, ma addirittura dovrebbero essere ricompensati del loro impegno, i soldi per le borse di studio non ci sono. Come si intende garantire allora il diritto allo studio sancito dall’art. 34 della Costituzione? Su questo, sindaco e rettore non sembrano aver espresso un’opinione». Il partito si interroga però anche sul ruolo degli atenei abruzzesi stigmatizzando i “doppioni” nelle offerte formative. «Ci chiediamo: ma ha ancora senso in una regione di 1.500.000 abitanti, la presenza di tre differenti atenei? – prosegue la nota del Prc – Esauriti i giovani potenziali universitari abruzzesi, quanto “appeal” possono avere Teramo, L’Aquila, Pescara e Chieti per un giovane di altre regioni italiane nei confronti, ad esempio, di Roma o Bologna? Soprattutto ha alcun senso il fatto che molti corsi di laurea proposti dai suddetti atenei siano praticamente identici? Addirittura con le stesse identiche facoltà a L’Aquila e Pescara (economia) o a L’Aquila e a Chieti (medicina)? All’Università La Sapienza di Roma non è così, c’è un’offerta formativa completa, e Roma dista solo 1 ora e mezza di auto da L’Aquila». Una possibile soluzione, per Rifondazione, passa per la realizzazione di un Politecnico dell’Abruzzo che non tenda a centrare le sue strutture in un unico territorio ma a utilizzare al meglio quanto già esistente negli atenei abruzzesi. «Le ultime riforme universitarie hanno portato il livello dell’insegnamento, e soprattutto la spendibilità del titolo di laurea, a livelli prossimi allo zero. Oggi l’università ha perso, semmai l’abbia avuto, il ruolo di ascensore sociale che permetteva anche all’operaio di volere il figlio dottore. In un momento di profonda crisi del sistema capitalistico, come quello che stiamo attraversando, abbiamo più che mai bisogno di un centro di formazione eccellente, che sappia innovare ed ideare soluzioni fattibili ed alternative. Se non mettiamo i giovani abruzzesi nelle condizioni di farlo, chi dovrebbe farlo per noi?»
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