TERAMO – Un decisamente poco invidiabile secondo posto. E’ quello che occupa la provincia di Teramo nella classifica italiana sulle imprese fallite. Un trend che va avanti dal 2009, anno in cui è esplosa la crisi, e che viene confermato anche nell’ultimo biennio. Lo rivela “Il rapporto sull’economia teramana”, che ha preso in considerazione i dati relativi al 2012. Il rapporto è stato presentato questa mattina, nella sala conferenze della Camera di Commercio: tra i relatori l’assessore regionale Alfredo Castiglione, il presidente dell’Ente camerale Giustino Di Carlantonio, il vice segretario generale Salvatore Florimbi, il rettore dell’Ateneo teramano Luciano D’Amico, e l’economista Pino Mauro.
I DATI DELLA CRISI – Questi i dati che rivelano tutta la sofferenza del tessuto imprenditoriale teramano. Nel 2012 sono aumentate le procedure concorsuali del 70%, di queste la maggior parte è rappresentata da fallimenti. Ben 208 le imprese fallite o in liquidazione nel primo trimestre del 2013 (il 16,2% in più). «Tutto questo – afferma Florimbi – genera un dramma occupazionale: da 121 mila occupati si è passati a 119 mila nel 2012. Le persone in cerca di occupazione sono aumentate di 2100 unità, da 10.800 a 12.900, con il tasso di disoccupazione che passa dall’8,2% al 9,7%. Aumentano anche le ore di cassa integrazione: quelle autorizzate sono cresciute da 9 a 11 milioni (+22,3%), e, mentre quella ordinaria è in calo, quella straordinaria o in deroga aumenta da 5,3 a 8,2 milioni di ore. «Nel complesso – afferma Florimbi – i segnali di difficoltà dell’economia locale evidenziati dal Rapporto dello scorso anno sono confermati nel 2012: il risultato è una riduzione dei ritmi produttivi, disoccupazione, caduta dei consumi, azzeramento degli investimenti, ridimensionamento strutturale, riduzione della ricchezza prodotta».
I SETTORI PIU’ COLPITI – Nel 2012 le iscrizioni di imprese alla Camera di Commercio sono state 2671, le cancellazioni 2843. Edilizia (419 chiusure nel 2012) e commercio risultano i due settori più colpiti, ma anche il manifatturiero, l’agricoltura e la ristorazione. «La crisi ha aggredito i fondamenti del nostro sistema economico», aggiunge Florimbi, tanto che a risentirne è stato anche l’artigianato: nel 2012 sono state perse ben 419 imprese, con un tasso di mortalità dell’11%, che cresce di tre punti percentuali rispetto all’anno precedente. Male anche il turismo: gli alberghi hanno registrato un decremento di presenze sia di stranieri che di italiani (-3% di arrivi per i primi, -0,7%) per i secondi, si accorciano anche i tempi di permanenza nelle strutture. Vanno male anche le imprese giovanili, ossia gestite da under 35, con 130 imprese in meno.
I SEGNALI POSITIVI – A risentire di meno dei contraccolpi della crisi, sono le imprese guidate da donne e stranieri e le società di capitali, cresciute, queste ultime del 3%. Le imprese rosa crescono: nel 2012 le iscrizioni sono state 802, mentre 785 le cancellazioni, in tutto nel teramano sono 9883. Aumentano, di 39 unità, le imprese gestite da stranieri, diffuse soprattutto nel settore del commercio: in tutto sono 4484. Il settore resta con il segno positivo (+0,9%), anche se nel 2011 il tasso di crescita era decisamente maggiore (+3,7%). Altro segnale incoraggiante viene dall’export, che conferma il trend positivo iniziato nel 2010, con un incremento dell’1,3%. Le aree geografiche destinatarie dei prodotti teramani sono soprattutto i Paesi dell’Unione europea, (67%), e altri paesi europei (11,5%9, l’America settentrionale (6,9%) e vicino e medio Oriente (4,5% rispetto al 3,5% dell’anno precedente).