ROMA – Davide Rosci vede confermarsi anche in Appello la condanna a sei anni di reclusione per l’assalto al blindato dei carabinieri negli scontri di Roma, ma ottiene finalmente di riabbracciare i suoi famigliari: i giudici del secondo grado hanno infatti disposto la modifica del regime cautelare, concedendo al 32enne leader di Azione Antifascista di Teramo – detenuto nel carcere di Viterbo e al cento di una querelle sui continui trasferimenti da penitenziario a peniteziario -, gli arresti domiciliari. Sotto questo profilo, il processo di Appello celebrato oggi pomeriggio a Roma, è stato un successo per le difese. Nello stesso processo Mirco Tomassetti, il giovane di Mosciano a giudizio assieme a Rosci ed altri tre teramani per lo stesso episodio (difeso dall’avvocato Nello Di Sabatino), è stato assolto per non aver commesso il fatto: dinanzi al gup di Roma era stato condannato a 6 anni di reclusione. Cristian Quatraccioni, di Mosciano si è visto comminare la condanna a 4 anni e 8 mesi (contro i 6 precedenti), così come Mauro Gentile e Marco Moscardelli, anche loro di Mosciano, 5 anni invece dei 6 del primo grado. La differenza di trattamento sulla pena per Rosci rispetto agli altri imputati teramani, deriva dalla mancata concessione delle attenuanti generiche, in virtù dei precedenti penali del giovane. I cinque teramani, assieme a un sesto imputato romano, rispondono dell’assalto armato al furgone blindato dei carabinieri nel corso degli scontri del 15 ottobre scorso a Roma durante la "Giornata dell’indignazione", con le accuse di resistenza pluriaggravata, devastazione e saccheggio.
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