TERAMO – "In caso di condanna in appello, Luciano D’Alfonso non dovrà dimettersi: sarà il presidente del
Consiglio dei Ministri a sospenderlo per diciotto mesi dalla carica, come prevede l’articolo 8 della ‘legge Severino’ per le sentenze di condanna non definitive". Lo ricorda il presidente regionale di Forza Italia, Nazario Pagano, che interviene sull’applicazione del decreto legislativo 235 del 2012. "Riscontriamo, spesso, che quando il candidato presidente della coalizione di centrosinistra affronta argomenti giudiziari che lo coinvolgono – conclude Pagano – cerca di rappresentare la realtà in maniera distorta e fuorviante". "Rispetto tutte le leggi, inclusa la Severino. Assolto sempre ho rinnovato il mio impegno per gli abruzzesi". Lo ha detto in risposta al capogruppo di Fi in consiglio regionale Nazario Pagano. "Credo che, se non altro, una cosa non possa essermi
contestata: il non aver mostrato rispetto dell’ordinamento giuridico e delle leggi vigenti. In tutti i procedimenti in cui ho dovuto rispondere della correttezza del mio operato di amministratore, ho mostrato e realizzato pieno rispetto delle procedure e del processo, difendendomi sempre in esso e trovandovi l’occasione di mostrare la mia innocenza, come confermato dalle numerose assoluzioni disposte in conclusione dalla magistratura". "Vedo che ora molto rumore si produce rispetto a una mia risposta data nell’articolato colloquio durato un’ora con Giulio Borrelli, visionabile nella sua integralità all’indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=QrSYZjY7m-c. In nessun passaggio di quel confronto io ho usato l’espressione "non mi dimetterò". Mi sono limitato a richiamare un pacifico diritto di ogni cittadino, quello di ottenere l’accertamento della verità anche nei successivi gradi previsti dall’ordinamento. Per il resto naturalmente valgono per me le leggi che valgono per gli altri, legge Severino in testa. Non sono tipo da leggi ad personam, ricordo semmai che tra 2004 e 2005 fu confezionata al mio indirizzo una legge contra personam. Personalmente, col conforto del parere dei legali, ritengo che il ricorso in appello non abbia motivi tali da poter superare la piena assoluzione che ha disposto il Tribunale. In questo, comunque, non intendo anticipare in alcun modo il giudizio che sarà disposto dalla Corte di Appello, alla cui Autorità mi rimetto come cittadino. Un ultimo punto vorrei osservare, per quanto si tratti di questione nota. Un ricorso in appello non ha il valore di un rinvio a giudizio: è la richiesta di una parte che non ha l’avvallo di un giudice terzo. L’avvocato dell’accusa ha il diritto di esperire questo ulteriore tentativo di far valere le sue ragioni rispetto al risultato acquisito della sentenza disposta dal Tribunale, la difesa farà la sua parte, potendo
contare in questo caso sulla solida base di assoluzioni piene. Queste sono le regole del gioco, queste rispetto non da oggi, consapevole di essermi adoperato prendendomi responsabilità e decidendo sempre nel pubblico interesse". "Meno consapevolmente sono stato e sono ragione dell’esistenza in vita di esponenti della comunità politica che trovano occasione per dichiarare su di me a prescindere. Se questo è utile per loro, va bene anche per me. Per quanto mi riguarda io porto avanti gli impegni che ho assunto insieme alla mia coalizione con le comunità e i cittadini di questa regione, nel rispetto di tutte le regole che ci siamo dati, incluso il
codice etico del PD e di "Insieme il nuovo Abruzzo". Credo che la ragione ultima del consenso che sono sempre riuscito a conseguire, risieda soprattutto nel fatto che non mi sono occupato mai delle polemiche individuali, ma sempre e solo delle questioni reali poste dalle persone e dalle collettività", chiude D’Alfonso.