Ergastolo all'albanese per la sparatoria nel bar di Alba

TERAMO – Ergastolo con isolamento diurno per un anno e interdizione perpetua dai pubblici uffici. Va oltre la richiesta della pubblica accusa (ergastolo con isolamento per 8 mesi) la Corte d’Assise di Teramo (presidente Giovanni Spinosa, a latere Roberto Veneziano) nel condannare Perparim Hiseny, 23enne albanese, sul banco degli imputati per omicidio volontario aggravato. Hiseny alla lettura della sentenza rivolge un applauso irridente verso il pubblico ministero Davide Rosati: i suoi parenti strillano, chiedono giustizia anche per chi lo aveva accoltellato facendogli rischiare la vita ma che non compare sul banco degli imputati. I giudici togati e popolari hanno dunque escluso la legittima difesa invocata dai legali del giovane albanese (Pietro Angelozzi e Paola Pedicone). La Corte dop cinque ore di camera di consiglio è andata oltre, condannandolo per il delitto ma escludendo la premeditazione. L’imputato ha sempre ripetuto che il 20 ottobre di due anni fa era andato all’incontro con la vittima per fare pace e che aveva sparato perche preso dal panico. Per l’accusa fu invece un regolamento di conti. Lui era nel bar "MD" di viale della Vittoria ad Alba Adriatica perchè aveva un conto in sospeso: di fronte aveva Leven Ferra, 30 anni, influente referente di un gruppo albanese avversario, che aveva già avuto modo di ferirlo in una violenta colluttazione lungo la Bonifica del Tronto 48 ore prima. Sl tavolo complesse questioni legate alla prostituzione e forse anche al traffico di droga. Hiseny è armato e la sua pistola clandestina, una 7.65 modificata, spara contro il connazionale e lo centra ad una guancia: Ferra muore sul colpo, i suoi guardaspalle si lanciano contro Hiseny e lo aggrediscono, lo colpiscono con tre coltellate, lui spara ancora due volte e miracolosamente non colpisce nessuno. Fugge, sanguinante, arma in pugno per le strade di Alba, tra occhi di cittadini terrorizzati e gente che si scansa spaventata. Hiseny si rifugia in un vicino cantiere, sarà soccorso e trasferito in ospedale. Resterà alcuni giorni in coma: il guanto di paraffina a incastrarlo, a dipanare la matassa di un giallo in cui non era chiaro ancora chi fosse stato l’assassino.