TERAMO – La Fondazione Tercas è fuori dal capitale sociale della nuova banca quella che sarà dal prossimo 29 luglio, quando l’assemblea straordinaria dei soci sarà chiamata ad approvare l’aumento di capitale sociale a totale appannaggio della Banca Popolare di Bari, che acquisirà il 100% dell’Istituto di corso San Giorgio. Ma come ha sottolineato oggi il presidente Mario Nuzzo, la Fondazione è disponibile a partecipare al 10%: «Gli organi della Fondazione decideranno che posizione assumere in assemblea – ha spiegato oggi Nuzzo – ma è ovvio che ci sono due possibilità: quella di votare a favore dell’acquisizione totale da parte di Bari o contro e dunque decidere per la liquidazione coatta della banca, con un impatto ancor più devastante di quanto non accaduto finora. Ma noi restiamo disponibili a partecipare nella seconda fase, senza privilegi rispetto agli altri soggetti del territorio». Per Nuzzo siamo di fronte «a una operazione nuova nel campo dei salvataggi bancari che apre un orizzonte nuovo, ma che ha permesso comunque di salvare il salvabile». Come fa una banca a perdere 602 milioni di euro? «E’ una situazione difficile da comprendere nella sua genesi – ha risposto il presidente della Fondazione bancaria – ma che avremo sicuramente più chiara all’esito delle indagini penali e delle azioni risarcitorie che la magistratura da un lato e la banca stessa dall’altro hanno avviato». Che fine farà la Fondazione, e quali riflessi sul territorio? «Non ci sarà alcun impatto sull’operatività della Fondazione. Già essa vive della mancata redditività che deriva dal commissariamento. Ci sarà una rimodulazione della gestione del patrimonio, a partire dai soggetti da selezionare e dalla tempistica di realizzazione dei progetti stessi. Continuerà insomma la sua azione sul territorio nei settori propri, dalla cultura al sociale e a quello economico». Sulle garanzie che Popolare di Bari "rispetterà" il territorio, Nuzzo non ha dubbi: «Si tratta di una banca che ha accumulato esperienza nelle acqusizioni che sono state molte e tutte non ostili ai territori, dunque non ho motivo di credere che non sia così anche per il nostro».
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