ATRI – Dubbi dal circolo atriano del Pd sul progetto votato dall’ultimo consiglio Comunale per la costruzione in contrada Stracca di un complesso industriale nel quale il gruppo Aran riunirebbe gli impianti di produzione dell’azienda. Gli esponenti del Partito Democratico riconoscono “l’opportunità per il territorio” di un importante investimento industriale che prevede la realizzazione di un complesso da 8 ettari coperti e di una grande palazzina per gli uffici, tuttavia contesta le “evidenti criticità del progetto messe in luce dal nostro consigliere Barbara Ferretti”. Tra queste, “la cementificazione di una delle poche aree agricole pregiate del nostro Comune, le condizioni di privilegio accordate all’azienda in materia di altezza di edifici anche non legati a necessità produttive, i benefici molto limitati previsti per la collettività e, soprattutto, l’assenza dalla Convenzione fra l’azienda e il Comune di una qualsivoglia garanzia sociale per i lavoratori del nuovo impianto”. Altra questione posta dal Pd della città ducale, i limiti della legge regionale 24 del 2014 che “sembra proibire categoricamente operazioni di riconversione industriale di suolo agricolo”. “La norma – continua il Pd – ha chiarito espressamente che, in attesa dei provvedimenti attuativi, sono preclusi interventi che non siano connessi all’attività agricola come previsti negli strumenti urbanistici approvati o adottati. Quando i rappresentanti dell’opposizione hanno fatto cenno al problema, un membro della giunta ha tirato fuori dal cilindro un cosiddetto parere “pro veritate” redatto da un legale su richiesta dell’amministrazione, che dava alla nuova legge un’interpretazione compatibile con la proposta della maggioranza”. Il parere in realtà non sembrerebbe fugare i dubbi della minoranza perché sarebbe basato sul vecchio testo della legge, modificato di recente. “Il fatto che il documento non sia stato fatto visionare prima della seduta – chiude il circolo – è irrituale e irrispettoso delle competenze del Consiglio. Evidentemente la giunta Astolfi non riesce ancora a comprendere la distinzione tra governare e comandare, continuando a ricorrere a colpi di teatro per cercare di risolvere questioni delicate”.
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