TERAMO – No al sequestro dei beni degli ex revisori dei conti della Banca Tercas, sì per quelli degli ex amminisratori. E’ la prima pronuncia di un giudice nel contenzioso civile che il commissario straordinario Riccardo Sora ha avviato nei confronti di chi ritiene responsabile del default dell’Istituto di credito di corso San Giorgio. Menre la banca ha di recente cambiato proprietario, adesso c’è la Banca Popolare di Bari, va avanti il confronto sui conti e sui ‘buchi’ di bilancio della famigerata gestione Di Matteo. Tradotto in cifre, circa 191 milioni di euro contestati a 20 tra ex componenti dei consigli di amministrazione, alti dirigenti e collegi sindacali della banca teramana. E il 14 luglio scorso, la banca ha chiesto il sequestro conservativo di tutti i beni, mobili e immobili, degli ex Cda e collegio sindacale. Le udienze per esaminare i ricorsi contro questa richiesta, ai primi di agosto, hanno provocato la prima pronuncia, depositata il 21 agosto: sì al sequestro per chi dirigeva la banca dalla grande sala rettangolare al primo piano della sede centrale di corso San Giorgio, no per i cinque revisori dei conti (Gianfranco Scenna, Massimo Dell’Orletta, Luigi Montironi, Luca Di Eugenio e Simona Conte).
Cosa dice il giudice aquilano. In attesa che si entri nel merito dell’azione di responsabilità civile, il giudice Roberto Ferrari affronta la questione del sequestro conservativo per le decine e decine di milioni, operando per la prima volta un distinguo tra le posizioni di responsabilità dei revisori dei conti e dei membri del Cda, il direttorio. Ma non solo: ecco una delle primissime sottolineature dell’atteggiamento tenuto da Bankitalia nella vicenda, al ruolo degli ispettori e di quanto hanno vigilato effettivamente sulle operazioni che si stavano svolgendo in quella banca. In modo da concludere: se non si sono accorti del ‘marcio’ gli 007 di Bankitalia, come avrebbero potuto i revisori dei conti? Altro è quello che riguarda il ruolo e la ‘presenza’ nelle decisioni e nella valutazione delle proposte, ad esempio, delle linee di fido, che sono spettate all’ex presidente Nisii e ai suoi collaboratori al tavolo decisionale della Tercas. Il passaggio è alquanto chiaro: «Debitamente evidenziate da parte della banca le anomalie nella gestione dei rapporti – scrive in sentenza il giudice -, non sono atrettanto analiticamente sottolineate anomale particolarmente manifeste nei risultati, laddove le pratiche si presentavano fondate su una istruttoria conforme ai criteri programmati e non censurati dall’Istituto di vigilanza (Bankitalia, ndr) in sede ispettiva ed assistite da garanzie proporzionate all’entità degli affidamenti, specie in ragione del concorso di una pluralità di banche finanziatrici»
I conti sequestrati, beni congelati, azioni revocatorie e a novembre la causa. Contro la decisione del giudice ordinario del tribunale aquilano sia gli ex amministratori (per la conferma del sequestro) che Banca Tercas (contro il diniego al sequestro per il collegio sindacale) è possibile presentare reclamo entro 15 giorni dal deposito della sentenza. Con questa posizione si andrà, il 17 novembre, alla prima udienza della causa civile dinanzi al tribunale delle imprese dell’Aquila. C’è chi però parla già di richieste di azioni revocatorie nei confronti di quegli ex amministratori che si sarebbero spogliati delle proprietà e dei conti per sfuggire al ‘congelamento’ giudiziario.