TERAMO – Si è aperto, davanti ai giudici del Tribunale di Teramo (presidente Franco Tetto, a latere Lorenzo Prudenzano e Sergio Umbriano), il processo per le presunte timbrature illegali alla Asl di Teramo che vede imputati due dirigenti e tre dipendenti del Sian (servizio igiene alimenti e nutrizione) e del servizio prevenzione e sicurezza sui luoghi di lavoro. A dover rispondere di truffa aggravata Sergio D’Ostilio, tecnico coordinatore della prevenzione del Sian ed ex vicesindaco di Bisenti, Algesirio Volpi, tecnico della prevenzione del Sian, e Guido De Carolis, tecnico del servizio di prevenzione e sicurezza sui luoghi di lavoro, tutti accusati di aver timbrato il cartellino, in numerose occasioni, in un ufficio diverso dalla propria sede di lavoro "rubando" così tutta una serie di ore alla Asl. Tutto con un danno per l’azienda sanitaria di diverse migliaia di euro e con D’Ostilio accusato anche di peculato per un presunto indebito utilizzo dell’auto aziendale che, secondo l’accusa, avrebbe utilizzato usualmente e che sarebbe risultata costantemente parcheggiata sotto la sua abitazione. Insieme a loro sono a processo anche il dirigente del Sian Maria Maddalena Marconi e il dirigente del settore prevenzione e sicurezza sui luoghi di lavoro Valerio Benucci, che devono rispondere di concorso in truffa aggravata con gli altri imputati perché accusati di averli autorizzati illegittimamente a timbrare in altre sedi rispetto a quella di lavoro. L’indagine che ha portato i cinque a processo, era scattata nel 2012 in seguito ad alcune segnalazioni arrivate sul tavolo del pm Davide Rosati e nel 2013 aveva portato alle misure, poi revocate, dell’obbligo di dimora a Bisenti per D’Ostilio, della sospensione dal servizio per Volpi e dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per De Carolis. Gli imputati si sono sempre difesi sostenendo come fosse stata la stessa Asl, che si e’ costituita parte civile, ad autorizzarli a timbrare in uffici periferici per questioni di economicità del servizio. Ma secondo l’accusa oltre ad aver interpretato in maniera onnicomprensiva quelle autorizzazioni, che sarebbero state invece limitate ad alcune occasioni legate ad esigenze di particolari servizi, i tre dipendenti avrebbero continuato a timbrare il badge fuori sede anche dopo la revoca delle autorizzazioni, disposta dalla stessa Asl.
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