ROMA – L’Italia ha deciso di ricorrere alla Corte di Giustizia Europea contro il provvedimento della Commissione Ue che ha bloccato l’intervento del Fondo interbancario di tutela del depositi (Fidt) nel salvataggio di Tercas perché considerato aiuto di Stato. L’intervento, come si ricorderà, era servito per azzerare la maxiesposizione della banca e permettere il suo risanamento con l’intervento di acquisto della Banca Popolare di Bari; il sostegno erogato dal Fidt era stato poi sostituito con uno analogo delle banche, ma su base volontaria e non obbligatoria, per un importo di 265 milioni di euro. L’impugnazione adesso diventerà un "caso", utile per fare chiarezza in materia di aiuti di Stato, anche dopo un recente parere dell’avvocato generale della Corte di Giustizia Ue – citato tra l’altro nei giorni scorsi dall’Abi in audizione al Senato – secondo cui "non è vincolante per gli Stati" la comunicazione 2013 della commissione sulle banche, quella che aveva sancito il principio del burden sharing applicata, peraltro, anche nel salvataggio delle 4 banche (Banca Etruria, Banca Marche, Carife e Carichieti).
Posibilità di contro-ricorso della Ue. La Commissione europea potrà presentare un contro-ricorso entro il termine di due mesi: in questo caso la Repubblica Italiana avrà facoltà di replicare e successivamente la controparte potrà depositare una contro-replica. Conclusa questa fase di scambio documentale, che potrebbe impiegare circa 4 mesi, si dovrà attendere la convocazione dell’udienza da parte del Tribunale.
Quattro motivi di contestazione nel ricorso italiano. Il Governo italiano ritiene che vi siano almeno 4 motivi di contestazione nel ricorso presentato al Tribunale presso la Corte di Giustizia dell’Unione Europea in Lussemburgo. E’ quanto ricorda il Tesoro secondo cui la decisione erra nel qualificare le risorse utilizzate dal Fondo interbancario di tutela dei depositi quali risorse pubbliche, non tenendo conto, in particolare, dei principi affermati dalla Corte. Inoltre la decisione erra nel ritenere imputabili allo Stato le misure controverse, non tenendo conto del fatto che esse conseguono alla autonoma decisione di un organismo di diritto privato, quale il Fondo interbancario di tutela dei depositi e che nessuna autorità pubblica ha esercitato alcuna influenza indebita o pressione per pervenire a tale decisione. Da parte della Commissione vi è stata poi un’erronea applicazione del criterio del MEIP. La decisione è erronea per non avere considerato che le misure controverse erano, altresì, conformi al cosiddetto criterio del MEIP, apparendo economicamente opportuno per il Fondo rispetto allo scenario alternativo che si sarebbe determinato in conseguenza della liquidazione concorsuale di Banca Tercas. Infine, secondo il Mef, La Commissione ha, infine, errato nel ritenere incompatibili con il mercato interno le misure controverse, anche nel caso in cui dovessero essere qualificate quale aiuto di Stato.