TERAMO – Suonerà alle 9.30 l’ultima campanella d’ingresso della Banca di Teramo di credito cooperativo, nella sala polifunzionale del nucleo industriale di Sant’Atto, per l’assemblea dei soci che si svolgerà in due momenti: la parte ordinaria, che provvederà al ripianamento delle perdite di esercizio – che ricordiamo ammontano nel bilancio 2015 a quasi 10 milioni di euro – e provvederà alla elezione dei nuovi organi sociali, a cominciare dal consiglio di amministrazione; la parte straordinaria sarà in sostanza la lettura del testamento della banca, perchè chiamerà i soci presenti ad approvare il progetto di fusione per incorporazione nella ‘cugina’ Banca di Castiglione Messer Raimondo e Pianella, la più forte della Regione. Non sarà sicuramente un’assemblea serena. Molti dei soci sono sul piede di guerra e finchè potranno, nonostante una vigilia fatta di rastrellamento di deleghe e voti per evitare scivoloni dell’ultim’ora, daranno del filo da torcere sulla strada della resa. A distanza di venti anni – la Banca fu inaugurata il 10 gennaio 1996 – crolla uno degli ultimi baluardi dell’economia cittadina, esempio anche di aggregazione e di fermento culturale e intellettuale. Fulgida e operativa per ben tre lustri, la Banca di Teramo ha conosciuto negli ultimi cinque anni un repentino crollo, fino alla scelta necessaria e inevitabile di essere svenduta. Tutto questo nell’indifferenza generale, della politica in primis, di qualsiasi schieramento. I cori di disapprovazione, levatisi anche in quel caso tardivi e a posteriori, sul destino della Tercas, per la Banca di Teramo non sono mai nemmeno stati sussurrati. Un declino quasi condiviso, colpevolmente. Nel pomeriggio, a Castiglione Messer Raimondo, la Bcc locale raccoglierà i cocci della banca cugina, grazie al sostanzioso contributo del Fondo di garanzia del credito cooperativo e con condizioni capestro che quasi bollano i soci della banca aprutina come ‘appestati’: nessuno dei soci lungo la sponda del Tordino potrà infatti assumere ruoli negli organi sociali dell’altra banca per almeno sei anni, alla stessa stregua dei 56 dipendenti ai quali preventivamente è stato imposto un bagno di sangue sul piano economico e della carriera. E dulcis in fundo, è anche pronto un incentivo di buonuscita per i soci teramani, che sono troppi rispetto a quelli di Castiglione: chi non vuole starci può passare alla cassa per l’indennizzo. La banca di Teramo domani passa agli archivi, ma forse l’esperienza con i conti e i bilanci di una gestione disastrata continuerà per chi ne è stato responsabile.
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