Il tragico racconto del nuovo disastro, con il pensiero a quelle povere vittime

AMATRICE – E’ terrificante lo scenario del nuovo sisma che ha ferito l’Italia centrale, a sette anni di distanza da quello tragico dell’Aquila. ‘Leggiamolo’ nel racconto di Luca Prosperi, l’inviato dell’Ansa ad Amatrice, uno dei centri maggiormente colpiti dal sisma di stanotte.

«La scossa ha combattuto casa per casa, dalle cantine alle camere da letto, ai sottotetti. E ha vinto. Come la guerra a Stalingrado o ad Aleppo, Amatrice e il suo centro storico non esiste. Tagliata in due a metà corso da una collina di sassi, mattoni, tegole, mobili e vestiti, che una volta erano banche, case, negozi, chiese. E poi come sempre in questi casi la polvere. Grigia. Ovunque.
Stesso disperato pianto nelle frazioni verso Ascoli Piceno, cuore nevralgico del sisma che ha colpito, come all’Aquila, nel cuore della notte. Corso Roma, la via principale di Amatrice, ha un fronte che la taglia a metà fatto da una collina di macerie, gran parte frutto del Comune che è venuto giù tutto intero. Non che il Comune sia inagibile, come l’ospedale o la stazione dei carabinieri. Semplicemente non esiste più.
Non c’è una casa del centro storico che non sia da abbattere o pericolante se ad atterrarla non ci ha già pensato il terremoto. Anche le parallele ai lati del corso sono nelle stesse condizioni: impraticabili per crollo totale.
Il lavoro dei soccorsi è partito dopo poco meno di un’ora dalle 3:36 – lo ha ammesso anche il sindaco – e all’alba tutti i fronti erano predisposti: vigili, forestali, volontari, a mani nude, con pale, corde e picconi. Sono stati estratti vivi in parecchi, Irina, Natale, Yuri dopo ben nove ore sotto le macerie. Per il sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi, questa volta lo Stato ha funzionato considerando tutte le difficoltà della geografia del territorio. Ma il sindaco avrà anche parole di elogio per i media, per la tempestività delle informazioni tragiche che hanno messo a disposizione dell’opinione pubblica che ha accelerato la messa in moto della macchina della protezione civile.
Assieme alla soddisfazione per le salvezze, ecco il solito sudario di dolore e pianti: non ce l’hanno fatta i piccoli gemelli di sette anni Simone e Andrea, le due ragazze afghane ancora non recuperate, le tre suore con le quattro ospiti dell’ospizio a cui sono crollati due piani sulla testa, che ancora non si aggiungono alla decina di cadaveri che verranno via via deposti nelle due zone distinte a nord e sud delle macerie del centro storico.
Quale che sia la contabilità dei morti, Amatrice la scorsa settimana, quella del Ferragosto, era strapiena, più di ora, e più di uno ha parlato di strage mancata. Ma se questa tragedia fosse accaduta domenica prossima quando sarebbe stata prevista la sagra cult degli spaghetti all’Amatriciana, sarebbe stato comunque peggio.
Chi si è salvato ha parlato di un vero blitz del sisma, una scossa lampo: "Dieci secondi e tutto giù per terra", ha detto Marco. "Faceva su e giù in modo secco, non dondolava, sussultava", ha spiegato Don Fabio.
Vittime anche nei palazzi più recenti, come a Piazza Sagnotti, e si parla di case degli anni 60/70. Quelle antisismiche più recenti hanno resistito mentre quelli rimasti in piedi non erano quelli della storia secolare di Amatrice. "Quando ho visto che la storica porta di Amatrice era andata giù, ho capito il dramma – ha detto il sindaco Pirozzi – il paese non esiste più ma risorgeremo. Il difficile sarà riparare la contabilità dei morti e dei danni, svuotare le macerie, evitando gli errori fatti all’Aquila, 30-40 chilometri in linea d’aria, l’altra grande tradita dalla terra quasi sette anni fa"».