TORTORETO – Risiede nei tabulati del suo telefonino uno degli elementi utili per far luce nell’efferato delitto di Demetrio Di Silvestre, il piastrellista 56enne di Tortoreteo, i cui resti carbonizzati sono stati rinvenuti nei pressi di un casolare in disuso in una zona impervia del monte dell’Ascensione alle porte di Ascoli Piceno.
L’esame delle telefonate fatte e ricevute dal piccolo imprenditore edile, sposato e con un figlio, e con una vita apparentemente senza complicazioni che potessero sfociare in un omicidio con lo stampo di una esecuzione malavitosa, potrà fornire agli investigatori ascolani una qualche traccia su come e perchè Di Silvestre sia arrivato fin lassù dove è stato ucciso.
Di pari passo con le valutazioni tecniche, i periti continuano a confermare con la prova scientifica la paternità di quei miseri resti rinvenuti tra la boscaglia a ridosso del casolare: il primo confronto veloce ha attribuito le ossa e il sangue combusti a Demetrio Di Silvestre ma da domani, l’anatomo patologo Adriano Tagliabracci _ che assieme al pm inquirente Umberto Monti ricostituisce la coppia della prima indagine sul delitto di Melania Rea – certificherà la corrispondenza del Dna delle tracce ematiche rinvenute con un campione di saliva del figlio della presunta vittima.
La notizia della macabra scoperta ha sconvolto Tortoreto, che conosceva la vittima e la moglie maestra all’asilo nido Sirena, teramana molto conosciuta anche nel capoluogo. Descritto come un abile artigiano, spesso esecutore di importanti lavori da parte delle più grosse imprese costruttrici della zona, mai il nome di Di Silvestre in passato è stato associato a vicende di cronaca o a interessi che oggi potrebbero permettere di formulare ipotesi sul movente di questo omicidio