TERAMO – "Ai Laboratori del Gran Sasso, classificati come ‘Impianto a Rischio di Incidente Rilevante’ per la presenza di 2.300 tonnellate di sostanze pericolose, da oltre 10 anni vi è una violazione sistematica della Direttiva Seveso che riguarda i principali documenti sulla prevenzione e gestione dei rischi". Lo affermano gli attivisti della ‘Mobilitazione per l’Acqua del Gran Sasso’, secondo cui "i documenti parlano chiaro: il Rapporto di Sicurezza, il Piano di Emergenza Interno e il Piano di Emergenza Esterno, al nostro accesso del 22 gennaio scorso, sono risultati o scaduti da anni o addirittura mai approvati". Sottolineando che ci sono anche "altre non conformità che i Laboratori dovranno risolvere nei prossimi mesi e una ulteriore violazione passibile di sanzione", gli ambientalisti spiegano che le criticità sono emerse "in maniera incontrovertibile" dai documenti raccolti in un accesso agli atti al Comando regionale dei Vigili del Fuoco. "Eclatanti criticità – sottolineano – emerse da ispezioni e verifiche dei VvF e del Comitato Tecnico Regionale". "La Direttiva Seveso – ricordano i rappresentanti della Mobilitazione – è la più importante norma sulla gestione della sicurezza nei grandi impianti industriali e similari dove vengono stoccate grandi quantità di sostanze pericolose. Definisce gli impianti a rischio di incidente rilevante. I Laboratori sotterranei lo sono per la presenza di ben 2.300 tonnellate di sostanze pericolose. Stabilisce, poi, le iniziative da mettere in campo per prevenire i rischi e, in caso di incidente, ridurne le conseguenze su persone, cose e ambiente".
Gli attivisti ricordano di avere "già denunciato che il Piano di Emergenza Esterno rivolto alla popolazione, adottato nel 2008 dalla Prefettura di L’Aquila come ‘provvisorio’, fosse scaduto nel 2011 in quanto non più aggiornato secondo i termini previsti dalla legge, tre anni al massimo. Ci siamo chiesti – dicono – come mai un documento fondamentale per la sicurezza dei cittadini fosse stato approvato nel 2008 in quel modo e mai più revisionato fino ad oggi. La risposta è molto semplice: il Rapporto di Sicurezza, da cui doveva logicamente derivare, in questi anni non è stato approvato per cui la Prefettura evidentemente si trovò costretta ad adottare un documento parziale senza poterlo neanche aggiornare successivamente".
Il Rapporto di sicurezza, sulla cui base si elaborano il Piano di Emergenza Interno (Pei), rivolto ai lavoratori, e il Piano di Emergenza Esterno (Pee), rivolto alla popolazione, sottolineano gli attivisti, "è il cuore del sistema di
prevenzione e gestione dei rischi di un Impianto classificato ‘a rischio di incidente rilevante’" e deve "approfondire tutte le possibili fonti di rischio e valutare gli effetti in caso di incidente sia sulle persone sia sull’ambiente; il documento deve essere aggiornato ogni 5 anni". "Nell’analisi dei documenti – prosegue la Mobilitazione – siamo risaliti negli anni fino al 2002, quando ci fu l’incidente che portò nel 2003 al sequestro della sala C anche per l’inadempienza sulll’applicazione della Direttiva Seveso. Dalla documentazione consultata risulta chiaramente che sono stati depositati dall’Infn ben tre rapporti di sicurezza (2006; 2011 e
2016) ma nessuno di questi è stato mai approvato, almeno fino al 22 gennaio 2016, giorno del nostro accesso. Per l’ultimo depositato in ordine di tempo il C.T.R. del 16/01/2018 ha stabilito praticamente una riscrittura tanti erano i limiti e le carenze del documento". "Quello che abbiamo verificato sulle carte – commentano gli
attivisti – è letteralmente sconvolgente, in diversi passaggi esilarante se non fosse una cosa molto seria. In un certo senso anche mortificante viste le tante chiacchiere e proclami che abbiamo sentito anche recentemente del tutto estranei al Principio di Realtà. Si comprova un continuo rimpallo di responsabilità; di rinvio in rinvio sono passati 12 anni e non sono riusciti neanche ad approvare un Rapporto di Sicurezza! Dopo oltre un anno si scopre che quello del 2016 dovrà essere riscritto daccapo".
"In una condizione del genere di diffuse inadempienze ed omissioni ci viene da sorridere rispetto alla velleità di
proporre nuovi esperimenti come Sox. Qui non si vuole affrontare il vero nodo: l’allontanamento delle 2.300 tonnellate di sostanze pericolose obbligatorio per legge, ammettendo finalmente che la ricerca scientifica deve avere limiti come tutte le cose umane. Oltre alla gravità delle clamorose omissioni e inadempienze, è questo l’errore strategico su cui si continua ad insistere. Noi – concludono gli ambientalisti – continueremo a lottare affinché l’acqua del Gran Sasso non corra pericoli".