TERAMO – Sono trascorsi nove mesi dall’incidente del Gran Sasso che provocò il divieto di consumo di acqua in gran parte della provincia di Teramo. E ad oggi, dicono gli ambientalisti dell’Osservatorio Indipendente sull’acqua, «non c’è alcun progetto di messa in sicurezza ma tanta confusione e assenza di trasparenza». Il cartello di associazioni ha impiegato 53 giorni per ottenere una risposta dalla Regione Abruzzo dopo la richiesta di accesso agli atti per conoscere gli aspetti progettuali per la messa in sicurezza dell’acquifero del Gran Sasso: «La risposta – riferiscono dall’Osservatorio -, appena una settimana fa, è stata che ‘ad oggi non vi è ancora alcun elaborato progettuale inerente le attività di messa in sicurezza…’ ed è dunque chiaro che la Commissione tecnica per la Gestione del rischio nel sistema idrico del Gran Sasso nei nove mesi trascorsi dall’incidente del maggio 2017 non ha ancora prodotto un progetto di messa in sicurezza». Gli ambientalisti chiedono adesso un confronto pubblico al vicepresidente della Regione, Giovanni Lolli, che in una recente conferenza stampa «ha parlato di una nuova ipotesi di progetto che prevedrebbe: sostituzione del pvc dei tubi con materiale inox flessibile, impermeabilizzazione con nuove tecnologie del manto autostradale e di tutte le strutture a contatto, nuovo intervento di impermeabilizzazione dei Laboratori». «Ad oggi – scrive l’Osservatorio indipendente – non c’è nessun progetto reale, dovrebbero esserci delle ipotesi di lavoro non si capisce suffragate da quali studi, la situazione dei Laboratori dell’INFN e delle gallerie è talmente grave e complessa da richiedere interventi che dovrebbero modificare totalmente il sistema di captazione esistente con necessità di potabilizzazione di parte dell’acqua del Gran Sasso che verrebbe “declassata” ad acqua di superficie, nonostante in passato i lavori della gestione commissariale Balducci siano costati oltre 82 milioni di euro, ma non vi è soprattutto alcuna ipotesi di allontanare le migliaia di tonnellate di sostanze pericolose (nafta pesante, trimetilbenzene, e altro) stoccate all’interno dei Laboratori». Tutto questo mentre si continua a non accettare la partecipazione dei rappresentanti delle Associazioni alla Commissione tecnica per la Gestione del rischio nel sistema idrico del Gran Sasso.