TERAMO – Si è aperto ed è subito stato rinviato davanti ad un altro collegio, per l’incompatibilità di uno dei giudici, il processo che vede imputato il Rettore dell’Università di Teramo Luciano D’Amico (difeso dagli avvocati Gennaro Lettieri, Renzo Di Sabatino e Tommaso Navarra), accusato di indebita percezione di erogazioni a danni dello Stato. Sul tavolo, titolare del fascicolo il pm Davide Rosati, oltre 57mila euro che il Rettore, secondo l’accusa, avrebbe percepito indebitamente tra agosto 2014 e febbraio 2017. Avendo assunto l’incarico all’Arpa (e successivamente alla Tua), secondo la procura, avrebbe infatti smesso di svolgere l’attività di docente a tempo pieno, requisito che la legge prevede come necessario per poter ricoprire la carica di Rettore, percependo così indebitamente l’indennità connessa a questa. Il processo si svolge con rito immediato perchè è stato lo stesso D’Amico, attraverso i suoi legali, a chiedere di essere giudicato in un pubblico dibattimento, abbreviando i tempi senza passare dall’udienza preliminare.
A D’Amico viene inoltre contestato anche il peculato per la consegna, nell’ambito della cerimonia "Welcome Matricole" del novembre 2013, di 10 tablet di proprietà dell’Università, a titolo di riconoscimento, al personale tecnico di supporto all’intervento degli artisti Ficarra e Picone. A processo, insieme al Rettore, anche il professor Mauro Mattioli, al quale viene contestato un episodio di peculato in concorso con il Rettore, e il preside di Scienze della Comunicazione Stefano Traini al quale viene contestato l’abuso d’ufficio. Secondo la Procura Mattioli nel 2013, in qualità di direttore generale della fondazione dell’Ateneo, e quindi in un periodo in cui risultava in aspettativa, avrebbe richiesto con due diverse relazioni a sua firma l’indennità di risultato prevista quale docente ordinario a tempo pieno della Facoltà di Medicina Veterinaria. Indennità che non gli sarebbe spettata e che gli sarebbe stata erogata in virtù del visto autorizzativo apposto dal Rettore. A Traini, invece, viene contestato nella sua veste di preside della Facoltà di Scienze della Comunicazione, di aver indebitamente permesso a D’Amico, con un parere positivo e con il successivo nulla osta, di assumere l’incarico retribuito come presidente dell’Arpa, al quale però D’Amico ha rinunciato da subito.