TERAMO – Per una sera piazza Martiri torna salotto, ricca di gente e divisa sì in fazioni e a gruppi, ma che riconcilia con la voglia di stare insieme e di ascoltare. Ascoltare politica, anche se di quella vera non ce n’è poi tanta. Ai teramani impegnati in campagna elettorale torna insomma il piacere di misurarsi con i comizi e i sette oratori esprimono capacità, padronanza del palco, retorica ed eloquio diversi e, in alcuni casi, sorprendenti. Sono tutti molto stanchi, ma non lesinano l’ultimo sforzo per toccare le corde giuste prima del silenzio elettorale e l’urna decisiva per le loro sorti.
Il pubblico. La piggia ha complicato i piani e ancor più la ‘comodità’ degli orari, ma se l’esito della tornata elettorale dovesse misurarsi con il numero di spettatori, ebbene la delusione stasera è arrivata dai Cinquestelle. Forse la scelta di organizzare la serata musicale con Filippo Graziani a Porta Madonna avrà spezzato il gruppo, ma chi si aspettava il pienone ha trovato invece non più di un centinaio di fedelissimi e una sola bandiera, a distanza siderale dall’oceano dell’effetto Di Maio. Il confronto è vinto da Mauro Di Dalmazio, seguito a poca distanza da Cavallari (che si impone invece per il seguito più rumoroso e nella media numerica più alta) e D’Alberto, mentre la pioggia insistente ha penalizzato Morra (anche se molti dei presenti erano sotto i portici), che ha raccolto più o meno la stessa gente di Covelli. Non pervenuto il dato numerico di Paola Cardelli, con i suoi soliti pochi ma fedelissimi sostenitori.
Gli oratori. Il centrodestra sceglie il canovaccio tipico di chi porta con sè i partiti: parola all’ospite nazionale, il senatore della Lega Bagnai, poi microfono a Gatti che torna in pubblico – dopo gli incontri itineranti – come ebbe a fare in occasione della presentazione di Morra. Il leader di Futuro In affonda ancora su Di Dalmazio, cui rinfaccia di nuovo il dietrofront sulla candidatura di Morra, prima pensata e poi abbandonata.
Il candidato sindaco parla meno del solito e rimedia elegantemente alla gaffe del senatore che sbaglia il nome di battesimo (lo ha chiamato Nicola), vestendosi il paragone con quel Nicola Morra conosciuto nel passato come il ‘Robin Hood della Puglia’. I toni forti e aggressivi, quelli che i teramani da tempo non ricordavano, li sfoderano Mauro, Gianguido e Giovanni, con quest’ultimo insolitamente già da subito ‘incazzato’: Cavallari ce l’ha con i falsi sondaggi, con il degrado in cui hanno lasciato la città, rivendica urlando di essere il vero teramano tra i candidati. Se le qualità di affabulatore sono note in Di Dalmazio – che viene salutato con il nome scandito dai suoi fan -, e D’Alberto conferma la preparazione, la competenza e la lucidità di esposizione negli argomenti trattati, chi guadagna la palma di oratore in crescita costante è Alberto Covelli: dignità e coraggio, ma soprattutto coerenza, accompagnano il suo intervento, lungo ma non noioso, applaudito da sotto il palco dal suo primo estimatore, Dodo Di Sabatino Martina. Dignità e impegno nella preparazione e nella documentazione premiamo Paola Cardelli, che chiama sul palco un solo candidato della sua lista, sordomuto, per improvvisare un duetto nella lingua dei segni, che un segno di grande tenerezza lo ha lasciato. Chiusura per i Cinquestelle. Dopo oltre mezzora di interventi, si è temuto che avessero cambiato… candidato sindaco. Battute a parte, Cristiano Rocchetti nonostante fosse il protagonista della campagna elettorale, è stato lasciato in coda, per appena cinque minuti di intervento. Ciò ha dato sfogo ai critici, che sottolineano la non spiccata dimestichezza dell’aspirante primo cittadino con argomenti e proprietà di linguaggio: eppure, dop un mese di incontri e confronti, è sembrato migliorato tanto anche lui.