TERAMO – Lo hanno già ribattezzato ‘laboratorio Teramo’. Quasi un esperimento il cui risultato è all’analisi dei vertici nazionali e che a livello regionale ha fatto emergere la necessità di ridiscutere la posizione e il peso della componente teramana. Quell’8,6 per cento delle amministrative mette il Partito democratico di Teramo sotto i riflettori di una campagna elettorale condotta sotto traccia e con la qualità di molti nuovi, che sembra aver fatto presa su quell’elettorato che altrove, ha sancito il costante e doloroso declino di quel partito che viaggiava oltre il 30 per cento. Giustificati i sorrisi e le pacche sulle spalle al commissario comunale Sandro Mariani, che gongola per due traguardi: la conferma di quanto ottenuto alle politiche e la scelta azzeccata di seguire Gianguudo D’Alberto.
Ma il nuovo sindaco ha vinto perchè c’era il Pd? «Gianguido ha vinto perchè ha saputo interpretare le esigenze dei cittadini e perchè nell’identikit deli elettori è tracciato il profilo dell’amministratore competente – è il parere di Sandro Mariani -. Sbaglia chi lo bolla come un voto di pancia, l’elettore ha premiato l’operatività e la competenza, perchè è di questo che la città di Teramo ha bisogno».
Insomma, il Pd teramano le ha azzeccate tutte? «Il Pd di Teramo ha attraversato una lunga e difficile fase che risentiva dei riflessi a livello nazionale – spiega il capogruppo regionale Dem -. La differenza l’ha fatta il nostro gruppo dirigente locale che si è tolto di dosso tutto quel vizio di essere arroccati. Ha dimostrato piena disponibilità nel dare priorità ai problemi della città, cosciente protagonista di un rapporto di coalizione coerente. Vorrei chiedere di riflettere sul fatto che abbiamo messo in campo, unici a farlo, una classe dirigente di trentenni, e questo lo rivendico con forza soprattutto quando ricordo che molti altri hanno preferito defilarsi, credendo di essere di fronte a una sconfitta annunciata. Hanno avuto torto».
Allora la differenza rispetto al declino nazionale quale è stata? «Meno arroganza, meno convinzione di essere i più bravi, basso profilo, grande umiltà, semplicità nel raporto con la gente. Continuare a vivere su certi perdenti clichè, avrebbe portato al distacco dalla realtà di tutti i giorni».
E’ sorpreso in definitiva del risultato elettorale? «Direi che è stata la sconfitta definitiva del ‘Modello Teramo’ e aggiungo che non dovrebbe creare stupore questo. Già al primo turno i teramani hanno deciso di votare le alternative, di non votare Giandonato Morra. E’ finito il tempo del centrodestra, molti continuano a parlare di contrapposizione con il centrosinistra, io direi che il campo di gioco della politica è cambiato in populisti contro popolari».
La sconfitta di Gatti è stata la vittoria di Mariani? «Gatti ha deciso di personalizzare la campagna elettorale, io ho un modo diverso di interpertarla e del fare politica. Almeo questo rende giustizia alle voci che ci volevano d’accordo strategicamente: c’è invece grande rispetto e la raltà di due ‘sponde’ politiche diverse».
Adesso che esigenza ha questo Pd teramano? «Quella di dimostrare che è un partito diverso da quello nazionale, che i nostri consiglieri che saranno in assise sono giovani entusiasti e intraprendenti».
Anche lei insiste sul concetto di ‘nuovo’? «Lascia il tempo che trova. Io credo che ci sia bisogno dell’entusiamo della prima volta in ppolitica ma anche l’esperienza di chi ci consigli cosa fare e dove andare: io porto sempre l’esempio di Giovanni Lolli in consiglio regionale. Se non ci fosse stato lui io avrei sbagliato molto di più. Il mix è l’ingrediente giusto».
Tutto questo come si tradurrà nelle richieste per la giunta di Gianguido D’Alberto? «Non ci saranno problemi, è Gianguido che sceglie e decide. Non faremo un problema sul numero degli assessori perchè per noi resta il concetto della competenza. E rispetto a questo porremo una sola condizione: che gli assessori siano impegnati 24 ore al giorno nel loro ruolo amministrativo».