TERAMO – Quanto sembrano già lontani i tempi della pecora Dolly o del muflone Ombretta? Tanto, se è vero che dopo poco più di venti anni, uno dei protagonisti di quelle nascite, il pioniere della sperimentazione sugli animali Pasqualino Loi, si misura con una nuova sfida che è al tempo stesso alternativa e superamento della clonazione: la fecondazione artificiale, a partire da cellule staminali embrionali, in grado di produrre oociti e spermatozoi in numero pressoché illimitato. Ma non solo. Siccome le sfide non sono abbastanza rischiose se non sono impossibili, il duplice obiettivo è quello anche di ‘ingannare’ la natura, facendo partorire a un animale domestico un suo simile… selvatico. Da una pecora un… capriolo, per dimostrare che una cavalla può mettere al mondo un rinoceronte. Da poche ore il nome del professor Loi, docente di Fisiologia della facoltà di Veterinaria di UniTe, e quello del collega Cesare Galli del laboratorio cremonese Avantea, firma assieme a quello di altri scienziati di una task force europea, australiana e nipponica, su Nature Communications, per la prima volta al mondo, un lavoro sulla produzione di embrioni in vitro di Rinoceronte bianco e la derivazione da essi di cellule staminali embrionali.
IL RINOCERONTE BIANCO. Tanto per capirci: se domani dovessero tornare a muoversi per le savane africane esemplari di rinoceronte bianco, sarà solo e soltanto per la caparbietà di scienzati come Loi e Thomas Hildebrandt, una sorta di ‘Indiana Jones’ dell’ateneo Leibnis di Berlino che, «superando problemi di etica a livello rudimentale», hanno ritenuto che il loro ruolo fosse decisivo e altamente responsabilizzato nel riparare ai danni dell’era Antropocene. La quinta estinzione di massa porta la firma insanguinata dell’uomo, per guerre civili, riduzione degli habitat, bracconaggio, consumo di suolo: molte specie animali (se ne contano 104 solo per i grandi mammiferi) sono state condannate a scomparire per sempre dalla faccia della Terra. Una di queste è il rinoceronte bianco settentrionale. Nel 1960 c’erano oltre 2mila esemplari di questa sottospecie, popolazione che si è ridotta a 15 nel 1984. Lo scorso anno, a marzo, è stato addormentato per sempre, perchè malato irrimediabilmente, Sudan, 38 anni, 2.3 tonnellate di peso, l’ultimo maschio. Nella riserva keniota di Ol Pejeta Conservancy ha lasciato le uniche due femmine tuttora in vita, Fatu e Najin. Ma sono entrambe sterili, per malformazioni uterine.