TERAMO – Il caso inagibilità del palazzo ex Pompetti poteva essere evitato o, quantomeno, anticipato di due anni e oggi, forse già risolto. Fu infatti il Comune di Teramo, nel gennaio 2017, a commettere un errore di procedura nel sopralluogo alla parte privata dell’edificio e quell’errore ha inficiato tutto il percorso verso una ristrutturazione che ancora oggi ritarda e che tanto disagio sta portando a tutti i protagonisti, privati e pubblici, coinvolti nella vicenda. Il ‘vizio’ è citato dalla stessa ordinanza di sgombero emessa a settembre – e rettificata ad ottobre -, quando si fa riferimento alla scheda Aedes annullata dal Cor, quella che definiva con esito “C” la porzione privata dello storico edificio, sul lato di via Costantini. L’errore era a conoscenza degli uffici comunali, che hanno tentato tardivamente, e invano, di recuperare, chiedendo al Cor di mantenere la valutazione di quella scheda. E’ successo a giugno, due anni dopo, con le conseguenze di quanto si conosce: un nuovo sopralluogo, la ‘scoperta’ che il Palazzo ex Pompetti è un edificio unico e l’esito danni di categoria “E” che ha costretto il sindaco D’Alberto ad emettere l’ordinanza di sgombero.
L’ERRORE. L’orologio degli eventi riporta le lancette indietro al Natale 2016, quando Teramo aveva già vissuto la doppia sequenza del nuovo sisma, le tremende scosse dell’agosto e del 30 ottobre ma non ancora quelle che avrebbero caratterizzato la metà di gennaio 2107. L’amministratore del condominio ex Pompetti, presenta al Comune una richiesta di sopralluogo a seguito di aggravamento dei danni del sisma 2009. E’ il 20 dicembre 2016, la richiesta passa attraverso la compilazione del cosiddetto modello IPP. Il Comune dispone il sopralluogo di una squadra della Protezione civile il 7 gennaio 2017 ma senza chiederne autorizzazione al Cor, come invece prevedono le procedure. Gli uffici lo hanno dimenticato, diranno, “per mero errore materiale”, a causa della enorme mole di richieste di quel periodo, ma la frittata è fatta. Quel sopralluogo è nullo, secondo le norme, ma lo si scoprirà soltanto due anni più tardi.
CIRCOLO SGOMBERATO. I tecnici definiscono i danni subuti dall’edificio, nella porzione privata, di tipo “C – parzialmente agibile” e su questa valutazione il sindaco di allora Maurizio Brucchi, firma l’ordinanza di sgombero per le due unità immobiliari ritenute invece inagibili, del Circolo Teramano al secondo piano e allo studio di ingegneria al piano sottostante. Le attività professionale e sociale svolte in quei locali sono costrette a trovare altra sistemazione per il rischio latente.
EDIFICIO UNICO. L’errore si trascina parallelamente ad un altro: l’interpretazione che il palazzo ex Pompetti sia costituito da due edifici invece che essere una sola entità immobiliare. Trascorrono due anni, nel corso dei quali la parte pubblica dell’edificio, attraverso un’altra scheda Aedes, redatta il 4 febbraio 2017, con esiti di danni di categoria inferiore (“B”), effettua la messa in sicurezza impegnando una somma di circa 40mila euro, e mantiene gli uffici all’interno dei locali che danno parte su corso San Giorgio, parte su piazza Martiri e anche su via Capuani. E la parte privata che attende indicazioni dal Cor e dall’Usr sull’erogazione dei contributi previsti per i danni del sisma e procedere alla ristrutturazione.
LA MAIL DEL COMUNE. Accade però che il 19 giugno, dal comune di Teramo parte una mail diretta al Cor Abruzzo in cui si chiede di tenere in vita la scheda Aedes con esito “C” di quel sopralluogo del gennaio 2017 non autorizzato dal centro operativo. L’ufficio tecnico motiva la richiesta appunto con il “mero errore materiale” e sostiene la validità del lavoro dei tecnici, indipendentemente dall’autorizzazione, allegandone la perizia asseverata che conferma la “C parzialmente agibile” della parte privata. Il Cor il 17 luglio respinge la richiesta comunale, annulla la scheda Aedes e il 10 agosto, dopo i chiarimenti forniti dall’Usr e autorizza il nuovo sopralluogo, specificando che “è stato ravvisato un errore nella compilazione delle schede redatte in precedenza, in cui lo stesso è stato suddiviso in due edifici, in luogo di un’unica scheda”.
IL NUOVO SOPRALLUOGO. Viene disposto il 3 settembre e i tecnici della Protezione civile, emettono a sentenza sulla base della valutazione, contestata dai tecnici comunali, che il Palazzo è un corpo unico: esito “E”. L’atto arriva al comune il 20 settembre, il sindaco emette l’ordinanza di sgombero numero 101 il 26 settembre. Comincia qui l’odissea di uffici, inquilini, negozianti, il personale e due assessori dell’intero quinto settore comunale, tra traslochi, sgomberi, riunioni di condominio, lavori privati quasi conclusi, pubblici mai partiti.
LE RESPONSABILITA’. C’è molto di politico nella valutazione di questa situazione viziata dall’errore iniziale, oltre che il sacrosanto rispetto per persone e cose, anche pubbliche, che hanno subito e subiscono danni da ciò. Il sindaco e l’amministrazione D’Alberto sono sotto il fuoco incrociato delle polemiche per quanto attiene l’ordinanza, che però è atto finale di un percorso amministrativo viziato all’origine. L’amministrazione Brucchi, invece, viene chiamata in causa dalle date e dalla responsabilità di non aver esercitato quell’azione di verifica e controllo che poteva essere messa in campo, quantomeno al momento della firma dell’ordinanza che si sa, se letta, porta con sè una sorta di ‘legenda’ riepilogativa di tutti i passaggi formali della vicenda. La mail del 19 giugno scorso al Cor ne è in fondo conferma, presa d’atto e dunque ‘confessione’.
LO STALLO PERDURA. Ma anche in presenza di una condizione formale di obbligo dimessa in sicurezza, la situazione vive ancora uno stallo colpevole. Mentre la parte privata è riuscita a prendere in mano la situazione, procedendo ai lavori di messa in sicurezza necessari e previsti, il Comune e dunque la parte pubblica del condominio ex Pompetti ancora non riesce nemmeno a farsi autorizzare dal Cor quei lavori urgenti che riguardano la pubblica incolumità. A due mesi dall’ordinanza, e con un settore comunale nevralgico come il quinto costretto a lavorare da sfollati in una precaria location di emergenza al Parco della Scienza, non c’è impalcatura, non c’è puntellamento, non c’è ‘mantovana’ di quelle previste dalla messa in sicurezza. E gli stessi lavori privati risentono di quest’impasse perché in alcuni punti dei locali da puntellare trovano la competenza pubblica e non possono proseguire.
IL FUTURO DEI NEGOZI. E ai lavori del Comune per la salvaguardia della pubblica incolumità è assoggettato il futuro dei negozi dei Portici di Fumo. Per poter esercitare la clausola di salvaguardia e permettere la prosecuzione dell’attività commerciale in piena sicurezza, serve la revoca parziale dell’ordinanza, a seguito di una perizia asseverata dei tecnici, possibile soltanto a conclusione di tutta la messa in sicurezza, privata e pubblica. Le due velocità non permettono l’arrivo in stazione del treno… E i controlli dei vigili urbani di questi giorni alle attività commerciali come agli uffici per i compiti di routine, non depongono a favore di uno stato di tranquillità generale.
LETTERA AL SINDACO. A tentare di smuovere le acque e svegliare dal torpore procedurale tutto l’apparato ci prova l’amministratore del condominio ex Pompetti, Antonello Lanzillotto, che ha scritto al sindaco Gianguido D’Alberto. Oltre che una espressione formale di chiarimento sull’intera vicenda, è un tentativo di sollecitare una rapida soluzione della questione messa in sicurezza, che tanto vincola una porzione importante anche dell’economia cittadina e della funzionalità dell’apparato comunale.