TERAMO – Pane teramano con meno sale sì, ma anche che venga prodotto con farine di grano italiano, che non contengono residui di prodotti fitosanitari o proteine pericolose. La firma del protocollo tra la Asl di Teramo e le associazioni di categoria per la produzione di pane con un contenuto di sale inferiore all’1,8 per cento di quello della farina, è stata occasione unica per i panificatori locali di lanciare l’appello a controlli più serrati sulla filiera del pane. Glifosate e glutine, quest’ultimo spesso usato per creare farine ‘di forza’, sono additati come componenti a rischio presenti nelle farine di provenienza straniera che ancora vengono utilizzate sul mercato italiano. L’allarme parte dal direttore della rappresentanza degli agricoltori della Cia Teramo-L’Aquila, Donato Di Marco, che sottolinea il rischio per la salute umana della concorrenza sleale, ma gli fanno eco anche i colleghi delle associazioni che più specificamente seguono le vicende di panettieri e fornai, che in provincia di Teramo sono circa 130.
INTANTO MENO SALE. Una procedura di produzione che porti a panificare con poca quantità di sale, viene intanto codificata attraverso la firma del protocollo, dietro la spinta del Dipartimento di prevenzione della Asl, diretto dalla dottoressa Maddalena Marconi. Nell’ambito del piano regionale della prevenzione per la riduzione delle malattie di grande rilevanza epidemiologica, le associazioni di categoria vengono chiamate a promuovere all’interno della filiera della panificazione artigianale teramana, la produzione di pane a scarso contenuto di sale.
PREVENZIONE. Quella percentuale dell’1,8 nel rapporto con la farina rappresenta un limite scientifico apprezzabile a concorrere a una diminuzione del rischio cardiovascolare noto con l’assunzione di sale, Diminuendo questa componente importante anche del pane, mangiarne quotidianamente concorrerebbe in misura minore a raggiungere quella quota massima di 5 grammi al giorno di sale, indicata dagli esperti dell’organizzazione mondiale della sanità come limite massimo di consumo. Un limite di dieta che, si sa, potrebbe evitare l’insorgere di malattie come l’infarto o l’ictus.
PREZZO E LOGO. Ovviamente questo accorgimento codificato ha un duplice scopo, fermo restando che la sua applicazione non debba comportare un aumento di prezzo al banco. Da un lato la produzione di un pane ‘dietetico’ e salutare ma anche una linea di panificazione tutta locale, che potrebbe attirare interesse del consumatore a partire dalla ‘riconoscibilità’ proprio del prodotto teramano. Non a caso gli esercizi commerciali che aderiranno all’iniziativa esporranno il logo ‘Guadagnare salute’. «Sono soddisfatta di questo accordo tra la Asl e i panificatori perché una maggiore consapevolezza da parte non solo dei consumatori ma anche dei produttori, sui rischi per la salute, condurrà a una diminuzione del rischio. Tra l’altro stipuleremo una convenzione con la facoltà di Bioscienze per iniziative di formazione e informazione rivolte ai panificatori sulle tecnologie produttive sia sui benefici per la salute».
PANIFICATORI SENSIBILI. Ma proprio la consapevolezza di panificare alla teramana, secondo antiche procedure che ha ricordato anche il presidente di Assipan, Franco De Giorgis, porta fornai e panettieri ad esigere il rispetto di regole che ben oltre il sale, se non rispettate possono condizionare la salute dei consumatori. Per questo hanno chiesto alla dottoressa Marconi controlli più serrati, e in alcuni casi più mirati, per scongiurare il mercato del grano cosiddetto ‘forte’, che rendono farine addizionate o miscelate.
IL ‘COPPIONE’. Sono finiti i tempi del ‘coppione’, quel filone di pane in due parti da un chilo che si spezzava facendo leva su una gamba, artigianale che di più non si più. «Oggi il pane non si sa da dove arriva – dicono i panettieri -, dilaga il pane precotto in Albania», c’è il rischio delle pezzature preparate con i cosiddetti grani forti, ma c’è anche chi, come Camillo Teseo, vicepresidente di Assipan Confcommercio, che spende un pò di più ma acquista «farine rigorosamente italiane preparate sempre dallo stesso molino». «Il diserbo da noi viene praticato al massimo da un agricoltore su dieci – ha insistito Di Marco – e al massimo è primaverile, non è il glifosate che viene dato in Canada o in Francia, dove lo usano quando il grano è ancora verde, per farlo essiccare e poterlo raccogliere».
NON CI SENTIAMO PROTETTI. «Non ci sentiamo tanto protetti – ha aggiunto Franco De Giorgis -, molti trasportano il pane con furgoni non a norma, utilizzano extracomunitari illegali di notte, sopravvive ancora la vendita ambulante senza regole igieniche, servono controlli più attenti a salvaguardia dei panificatori che lavorano secondo le regole». Ma l’appello congiunto, espresso anche da Luciano Di Marzio (Confartigianato), Alessandra Di Giuseppe (Confcommercio) e Annalisa Pensilli (Confesercenti) è ai consumatori: «Spingete a consumare pane con grano locale, che forse è vero che costa un pò di più ma fa bene. Mangiatene magari di meno ma almeno siete sicuri che non fa male».