TERAMO – Intanto che i vertici societari chiariscono rapporti e contenziosi, il cittadino teramano si becca uno tra i primati negativi nazionale dell’aumento del costo della tariffa sui rifiuti. Se infatti la media italiana della spesa pro capite ammonta a 302 euro e quella dei residenti a Teramo tocca i 320, il dato preoccupante è l’aumento percentuale che la Tari ha subito dal 2017 al 2018: +19,4%! Secondo l’annuale rilevazione dell’Osservatorio prezzi e tariffe di Cittadinanzattiva, dove c’è stato incremento della tariffa, a livello di regioni, da un anno all’altro, questo si è mantenuto al di sotto del 5 per cento (l’Abruzzo ha un 3,1%), con un picco relativo alla Basilicata (13,5% a Matera). Ci sono anche regioni in cui, per fortuna dell’utenza, la bolletta è diminuita: è successo in particolare in Molise (-4,9%) e in Trentino Alto Adige (-4,5%). Il primato teramano ovviamente non ha eguali nel panorama nazionale, nemmeno nel confronto tra città. In Abruzzo la tariffa applicata dal Comune di Teramo ammonta, nella media, a 320 euro all’anno, quando ne 2017 era di 268 euro. E’ l’effetto della ripartizione applicata dalla gestione commissariale, che pone Teramo al secondo posto nella regione dietro soltanto all’Aquila, dove si paga una media di 373 euro a famiglia (erano 375 nel 2017), e davanti a Chieti (317 contro i 338 precedenti) e Pescara (273 contro 261). Uno sguardo d’orizzonte sulle atre città ci permette una comparazione immediata, avendo stabilito a priori che l’aumento in generale ha riguardato 10 regioni e che i rifiuti a livello generale costano meno al Nord (in media 256 euro) e più al Sud (357): si paga meno a Belluno, la più economica con 153 euro all’anno, la più costosa è Trapani, con 571 euro, dove la Tari è aumentata del doppio (49,7%). In abruzzo le percentuali di raccolta differenziata vanno dal 63,4% di Teramo al 34,8% dell’Aquila.
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