TERAMO – Non c’è dubbio per l’Anticorruzione della Al di Teramo: l’anomalia segnalata dal servizio Farmacia dell’ospedale Mazzini di Teramo sull’utilizzo spropositato di un dispositivo medico-chirurgico, ha bisogno di essere approfondita dalla magistratura. Perché quanto anticipato da “La Città” nell’edizione di ieri non può trattarsi di un errore contabile, tantomeno di una svista organizzativa che può aver fatto perdere per strada scatole di presidi medico-chirurgici tanto costosi: quel ‘picco’ di spesa farmaceutica che ha sfiorato il milione di euro in due anni solo per quella tipologia di presidio, fa presupporre qualcos’altro.
La verifica dell’ufficio Anticorruzione dell’azienda sanitaria ha rimesso gli atti e la documentazione raccolta alla procura di Teramo, chiedendo di chiarire la sussistenza di reati specifici, contro i cui responsabili la Asl sarebbe da subito pronta a costituirsi quale parte lesa. Scoprire che i conti non tornavano tra ‘carico’ e ‘scarico’ del conto deposito non sarebbe stato facile se non fosse saltata all’occhio una clamorosa differenza nella documentazione in possesso dei due reparti, quello che aveva utilizzato i presidi sui pazienti e la farmacia che dei presidi disponeva. Una differenza non minima, possibile in casi di una svista o di un errore nella procedura chirurgica, ma evidente al punto tale da indurre a una verifica più approfondita. E la sorpresa è diventata maggiore man mano che l’analisi della documentazione allegata ai registri operatori è andata avanti. Secondo alcune indiscrezioni, trapelate nella cortina di ferro innalzata attorno al clamoroso caso di frode sanitaria, è stato forse proprio questo il nocciolo della questione, che ne ha sottolineato i chiari contorni di reato: le schede dei pazienti che riportavano lo stesso, strano, eccesso di presidi applicati, ha fatto ipotizzare una situazione organizzata, forse pensata e voluta. Quando dalla Farmacia è arrivata poi la segnalazione che alla documentazione presente ne corrispondeva copia identica in altro reparto ma con un numero inferiore di dispositivi utilizzati per ciascun pazienti, allora si è ritenuto necessario l’approfondimento con una indagine interna.
Il direttore generale della Asl, Roberto Fagnano, dinanzi a questa evidenza non ha potuto far altro che disporre l’inchiesta amministrativa che chiarisse quantomeno i contorni della vicenda, coinvolgendo anche l’Anticorruzione. E’ possibile, in via molto ipotetica, che esista una spiegazione credibile e non fraudolenta del meccanismo che ha creato questa situazione, il cui costo è sicuramente alto per la collettività e per la sanità teramana. Ma questo sarà in grado di accertarlo soltanto la magistratura, che crediamo assegni una via preferenziale a questo caso, aprendo immediatamente un fascicolo d’indagine con i relativi passi ulteriori sul piano procedurale. I primi risultati potrebbero essere attesi ad inizio del nuovo anno.