TERAMO – Tra il permettere regolare elezioni nella data prefissata accettando di lasciare la mano al rinnovamento e magari fare un passo indietro, la classe forense teramana ha deciso di prendere tempo e di rinviare al prossimo mese di luglio le elezioni per il nuovo direttivo. Il tentativo è estremo: provare a superare il divieto sul terzo mandato dapprima sancito dalla Corte di Cassazione e poi statuito dal Governo con un decreto-legge. Superato così ogni dubbio che la Commissione elettorale avrebbe dovuto sciogliere nella riunione di domani. Non si voterà più il 18 e 19 gennaio, bensì negli stessi giorni di luglio, a pochi giorni dalla data massima possibile entro la quale svolgere la tornata elettorale, ovvero il 31 luglio 2019.
La discussione teramana è quella di tutta Italia. Addirittura a Catania hanno interrotto lo spoglio appena conosciuto il contenuto del decreto legge e il diktat del ministro della Giustizia Bonafede. Quanto stabilito sul divieto di terzo mandato (anche per quell’aspetto che il presidente teramano Guerino Ambrosini escludeva, ovvero un mandato incompleto) ha messo fuori gioco buona parte della cosiddetta classe dei ‘volti noti’ delle toghe italiane. Era prevedibile un’alzata di scudi che se concepibile rispetto a una sentenza delle sezioni unite della Cassazione, difficilmente era ipotizzabile contro una pronuncia dello Stato: come vedere coloro che lavorano nel nome della legge, mettersi contro la legge nel caso di un interesse personale, cioè la candidatura per la rielezione? Eppure tant’è. Nel prendere o lasciare anche Teramo ha deciso di congelare, magari per avere più tempo per riorganizzare un gruppo di ‘delfini’ in grado di portare avanti la strategia gestionale oppure sperando che il decreto legge non venga convertito entro i prossimi due mesi. Ci sono stati ordini in cui, alla vigilia delle elezioni, molti avvocati incandidabili per la nuova norma si sono ritirati dalle liste in competizione, altri in cui le elezioni sono state autorizzate con tutti quei candidati in regola e il benservito a chi non lo era. Sulla decisione del Consiglio dell’ordine di Teramo nessuna comunicazione ufficiale è arrivata e anche questo è un segno di poco rispetto della collettività fuori da quel Consiglio. Nessun commento nemmeno da resto dei legali e di quelli impegnati nella corsa al rinnovamento, ma non è difficile ipotizzare che il malcontento possa essere diffuso.