TERAMO – Sopito negli archivi di una querelle politica tutta interna al Partito democratico, che avrebbe dovuto vivere ancora un’altra drammatica puntata con l’esonero di Moreno Fieni dalla presidenza del Bim, il rimescolamento tra le pedine della governance della Ruzzo Reti, con le feroci polemiche che l’accompagnarono, sembrava essere stato rimosso. E invece il socio tra i più importanti del Consorzio dell’acqua, il Comune di Teramo, oggi decide di impugnare la nomina del Consiglio di amministrazione, con una doppia iniziativa: con un ricorso dinanzi al tribunale delle Imprese dell’Aquila e una richiesta di arbitrato.
I motivi sono quelli che portarono il sindaco Gianguido D’Alberto a lasciare l’assemblea il 1° dicembre scorso, in aperta polemica con il metodo usato per lo scambio di ruoli tra il presidente uscente Forlini e la consigliera Cognitti. Le dimissioni di ciascuno dei componenti del Cda, dice il Comune di Teramo, erano state rassegnate direttamente in quell’Assemblea e dunque, secondo lo Statuto, serviva un rinvio della nomina della nuova governance societaria, che permettesse ai soci la valutazione e l’approfondimento della situazione della Ruzzo Reti, prima della nomina dei nuovi dirigenti; ma soprattutto, e D’Alberto lo ricordò a tutti in occasione del suo intervento, il Testo unico delle società a partecipazione pubblica prevedono la figura diun amministratore unico: la scelta di un altro Cda avrebbe dovuto essere motivata facendo riferimento “alle specifiche ragioni di adeguatezza organizzativa e soppesando le esigenze di contenimento dei costi”. D’Alberto non fu ascoltato dall’assemblea e lasciò la riunione assieme ad altri pochi sindaci che la pensavano come lui e che non facevano parte dell’accordo concluso tra i ginobliani del Pd, Minosse e il centrodestra dell’area Gatti. Oltre il politichese e le affermazioni in punta di diritto D’Alberto provò a sovvertire questo accordo, ritenendo che fosse clamorosa una sostituzione di ruoli tra le stesse persone che quell’azienda non avevano, secondo il suo parere, gestito nel migliore dei modi. La proposta in cui confluiva tutta la maggioranza consiliare era quella di bandire un avviso pubblico per la selezione di un manager, “per garantire trasparenza e imparzialità nel reperire la migliore competenza”. “Non si tratta di un atto contro qualcuno – spiega Gianguido D’Alberto -, non è un giudizio sulle persone. Dal nostro punto di vista, la nomina del nuovo CdA della Ruzzo non risponde a due criteri: il primo connesso alle disposizioni dello Statuto, il secondo di autentica natura politica, non rinviabile o procrastinabile, di invertire la rotta e assicurare una gestione positiva di una delle aziende più importanti del territorio, che ha il compito di tutelare e garantire un bene primario per i cittadini, quale è appunto l’acqua”. D’Alberto torna a insistere sull’inserimento di nuovi sistemi gestionali e nuove figure professionali. “La decisione di impugnare il verbale della seduta è in linea con quanto da noi sostenuto e affermato nel messaggio che la nostra elezione ha incarnato: non scendere a compromessi con accordi che sanno molto di “politichese” e poco di una reale volontà di affrontare le problematiche e le sfide di un ente fondamentale come è il Ruzzo”. E sul ricorso all’arbitrato auspica “che gli altri sindaci che hanno manifestato il proprio dissenso, possano intraprendere analoga iniziativa, mai con intenzioni penalizzanti le persone ma sempre e solo per spirito costruttivo”. Non è ben chiara di chi sia la competenza giuridica a discutere, tra clausola compromissoria, Tribunale delle imprese e nomina degli arbitri. La strada è però tracciata e non è escluso che alla vicenda si aggiunga anche un coinvolgimento della Corte dei Conti, la magistratura contabile.