TERAMO – Il Centro ippico, la pietra dello scandalo alla base della drammatica lite con l’acido tra i due imprenditori teramani Carlo Cerino e Aldo Di Francesco, dovrà essere demolito perché abusivo secondo il tribunale di Teramo. Il destino della struttura ricreativa e sportiva ospitata sui terreni di proprietà di Cerino, di fronte al centro commerciale Gran Sasso, è stato scritto nella sentenza del giudice monocratico Belinda Pignotti, lo scorso 16 gennaio. Il verdetto ha condannato l’imprenditore proprietario di quei terreni, così come di altri appezzamenti nella zona, a due mesi di arresto, 20mila euro di ammenda (con sospensione della pena) ma soprattutto ha disposto la demolizione delle opere abusive, così come le hanno rilevate i carabinieri forestale della stazione di Torricella Sicura in u sopralluogo di qualche tempo fa e dal quale poi nacque questo procedimento giudiziario. Sono alcuni particolari che emergono dall’inchiesta della magistratura sull’aggressione che sarebbe maturata in uno dei depositi di Cerino, in contrada Fiumicino, lo scorso 30 gennaio. Potrebbe essere proprio questa sentenza, infatti, la ‘goccia’ che avrebbe fatto traboccare il vaso dei rapporti già tesi tra i due imprenditori, legati da un rapporto di affari proprio in relazione alla struttura ippica in prossimità del fiume Tordino. Il maneggio, costruito anni addietro da Cerino sul terreno di sua proprietà, è stato ceduto in affitto a Di Francesco che vi gestisce un centro ippico, con tanto di box per cavalli e percorsi di allenamento. E’ probabile che gli inevitabili riflessi della sentenza emessa due settimane prima, si siano fatti concreti al punto da rendere insormontabile il dissidio, già caratterizzato da problemi di carattere economico circa il pagamento dell’affitto della struttura. Con un effetto deflagrante, fino al punto di aver provocato l’aggressione con l’acido di cui è accusato Aldo Di Francesco, oggi indagato per lesioni e protagonista in negativo anche per aver avuto la peggio, con gravi conseguenze fisiche per lui.
L’indagine dei Carabinieri Forestale era scattata su segnalazione anonima nel marzo 2015. Il controllo nel maneggio, allora affittato ad un’altra associazione, evidenziò l’assenza di autorizzazioni per l’impianto sportivo. In realtà la richiesta era stata presentata da Cerino due anni addietro e prevedeva anche la realizzazione delle stalle per i cavalli, due campi pratica con tutti gli accessori. L’area si trova però in una zona (F16) di Piano regolatore dove il privato non può assolutamente costruire: può farlo soltanto il Comune o lo stesso assieme al privato, ma attraverso una procedura complessa, che passa da un esproprio e attraverso una convenzione con il privato. I legali di Cerino avevano anche preparato una bozza di convenzione da sottoporre al Comune ma, in attesa di conoscere le decisioni dell’Ente – l’iter era stato nel frattempo sospeso -, aveva costruito un impianto, di fatto, abusivo. Tanto che quando l’ispezione della Forestale portò alla luce il problema, anche il Comune contestò la realizzazione dei manufatti senza autorizzazione e la trasformazione, senza titolo, del terreno sottoposto tra l’altro a vincolo paesaggistico. L’inchiesta e il procedimento giudiziario conseguente pesavano come un macigno sul maneggio ma ciò non ha impedito che venisse affittato a Di Francesco. Sembra che entrambi abbiano tentato di percorrere la strada di una composizione della vicenda con il Comune, ma già in epoca successiva o comunque vicina alla sentenza, per cui tutto sarebbe saltato, con conseguenze sul rapporto conflittuale trai due, facilmente intuibili. E’ ovvio, così come è molto probabile, che Cerino proporrà ricorso in appello contro la sentenza del giudice Pignotti.