Fondazione Tercas, il presidente è Mancini che però perde subito la maggioranza in Consiglio e la quota rosa

TERAMO – Per la prima volta nella storia della Fondazione Tercas, dal 1992, l’elezione del presidente del Consiglio di amministrazione, che lo è anche del Consiglio di indirizzo, non avviene all’unanimità. La nomina ieri pomeriggio di Gianfranco Mancini alla presidenza, oltre che chiudere il cerchio delle manovre organizzate dal duo Paolo Gatti-Paolo Tancredi per arrivare a un controllo politico dell’organo gestionale, ha spaccato, come mai era avvenuto prima, un Cda finora granitico nel suo essere super partes. L’arrivo del 70enne presidente del Gruppo Consorform alla poltrona più alta, ad ormai un anno dalla scadenza del suo secondo mandato che lo renderà non ricandidabile, è stato accompagnato dal voto favorevole di 4 consiglieri di indirizzo su 9, facendo sì che l’invito ad essere confermata di Enrica Salvatore, finisse in minoranza.
Mancini presidente, dunque, mentre la Salvatore torna ad essere consigliera ma recupera il voto. E questo potrebbe rendere quella di ieri una vittoria di Pirro per i due Paoli. Perchè secondo lo statuto della Fondazione, Mancini nel diventare presidente perde il diritto di voto, così come la Salvatore nel percorso inverso lo riguadagna: se allora il ‘golpe’ è stato condotto da 5 consiglieri votanti contro 4, adesso l’equilibrio si inverte e il recupero del voto della presidente uscente, fa sì che la fronda opposta si ritrovi in 4 contro 5. 
Questo aspetto statutario conferma anche come la Salvatore abbia deciso di affrontare con stile e senso di responsabilità la questione del progetto di non confermarla imbastito all’esterno di Palazzo dei Melatini: avrebbe potuto presentarsi dimissionaria al Consiglio di ieri pomeriggio ed esprimere il suo voto al momento del rinnovo della presidenza. Si sarebbe potuto verificare così un 5-5 in un Consiglio acefalo, che però avrebbe paralizzato la vita della Fondazione.
Quanto questo nuovo rapporto di forze possa avere effetto basterà attendere il prossimo mese di aprile quando sarà tempo di nuove nomine. Nel Consiglio di amministrazione della Fondazione scadranno il mandato dei 4 componenti (Gianni Agostinelli, Alessandro Di Ilario, Marco Di Pietro e Marino Iommarini) e quello dei revisori dei conti (Filippo Serafini, Nicola Di Sante, Maria Gabriella Franceschini). Di questi soltanto due possono essere ricandidabili (Agostinelli e Di Pietro), tutti gli altri hanno raggiunto il numero dei mandati. 
Senza poi considerare la sacdenza del novembre 2020 quando dell’attuale consiglio di indirizzo resteranno in carica i soli Luca Scarpantoni, Cristina Martella e Giovanni Colella.
Intanto però, un ostacolo potrebbe presentarsi all’orizzonte. L’uscita di una presidente e l’ingresso di un presidente ha lasciato il Consiglio di amministrazione senza rappresentanza femminile. E questo lo Statuto non lo prevede, anzi cita la necessità di garantire le quote rosa, che nel consiglio di indirizzo sono 4 e una tra i revisori. Come risolverà la nuova governance questo che potrebbe rischiare di diventare un caso? Si dimetterà un consigliere per far spazio a una donna del Consiglio di indirizzo (tra la Salvatore, Tiziana Di Sante, Martina Di Musciano e Cristina Martella)? In fondo basta una votazione all’interno del Consiglio di indirizzo…