TERAMO – Il 21 marzo, di fronte ai morti della Lombardia, chiedevano il lockdown totale, sul modello cinese di Wuhan, per limitare al massimo l’insostenibile numero di contagiati dal Coronavirus. Oggi invece chiedono la riapertura delle chiese, se non per la messa, almeno per la preghiera. In nome della libertà religiosa e del diritto alla preghiera in chiesa.
Nella provincia che ha registrato alcuni episodi d’infrazione alle norme della quarantena legati alla religione, con alcuni fedeli pizzicati al Duomo di Teramo a pregare insieme, e il sindaco di Giulianova con alcuni suoi assessori, il prete e alcuni presenti beccati al santuario della Madonna dello Splendore a chiedere un intervento divino per la pandemia con la Fascia Tricolore, il Popolo della Famiglia di Teramo, con il suo leader Mario Adinolfi, si dice pronto alla disobbedienza civile di fronte ai reiterati dinieghi del Viminale alla riapertura delle chiese. Per il Ministro Lamorgese, la preghiera in chiesa in questi giorni è incompatibile con le misure di sicurezza anti-contagio che impongono a tutti gli italiani di restare in casa, salvo motivi di necessità (lavoro, salute, spesa).
“Rivendichiamo il diritto alla preghiera in Chiesa, pur rinunciando alla messa – scrive il Popolo della Famiglia Abruzzo in una nota, reagendo negativamente alle nuove disposizioni diramate dal Ministero dell’Interno sulla frequentazione delle chiese – Leggiamo con grave preoccupazione la nota di risposta del Ministero dell’Interno ai quesiti proposti dalla CEI in merito alla frequentazione delle chiese in questo difficile momento. Il capo del dipartimento per le libertà civili, Michele di Bari, comunica a monsignor Ivan Maffeis che l’accesso alla chiesa può avvenire solo ‘in occasione di spostamenti determinati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità’ e a patto che ‘la chiesa sia situata lungo il percorso’. Non sono disposizioni accettabili”.
Il presidente nazionale del Popolo della Famiglia, Mario Adinolfi, ha dichiarato: “Posso andare liberamente dal tabaccaio a 400 metri da casa mia, ma non a dire una preghiera nella chiesa a 300 metri. Questa disposizione è inaccettabile e annuncio fin d’ora disobbedienza civile perché la libertà religiosa è diritto insopprimibile. Rinuncio alla messa per ordine delle autorità, non al per me essenziale rapporto con Cristo nel tabernacolo”.