Cristian Daravoinea per lo psichiatra Ariatti (del caso Franzoni a Cogne) non è soggetto affetto da psicopatologie ed è capace di intendere e volere
TERAMO – Il giorno in cui uccise la moglie Mihaela Roua, Cristian Daravoinea perse il controllo di se stesso ma non per questo si può invocare la seminfermità mentale: a sostenerlo è Renato Ariatti, il superperito incaricato dalla Corte d’Assise di Teramo di fare chiarezza sull’eventuale patologia psichiatrica del camionista romeno che uccise a coltellate la moglie 32enne nella loro abitazione di Nereto, il 9 ottobre del 2019.
Ariatti, lo stesso psichiatra che si pronunciò nel processo ad Annamaria Franzoni nel delitto di Cogne, parla di sindrome psicologica ma esclude che l’omicida soffra di forme psicopatologiche: “E’ sempre lucido, ricorda i dettagli di quel giorno, è soltanto uno come tanti che prende coscienza della fine di un progetto di vita sul quale aveva investito da tempo e che non lo accetta, perdendo il controllo della situazione”.
Con 53 pagine di perizia molto chiare, il super consulente ha impiegato pochissimo per trovare la condivisione delle parti che in udienza, di fronte alla Corte d’assise presieduta dal giudice Domenico Canosa, devono valutare l’imputabilità del giovane.
Ad acuire lo stato di disagio psicologico di Cristian, secondo i periti ha inciso anche la sensazione riferita in aula nella precedente udienza del processo, di sentirsi uno schiavo nelle mani della 32enne moglie e madre della sua bambina. E il delitto fu proprio il culmine di quella sua esplosione di rabbia e frustrazione, in un mix crescente di impotenza: su di lui pesava anche il forte sospetto di una relazione della donna con il suo datore di lavoro.
Cristian Daravoinea è dunque capace di intendere e volere e già dalla prossima udienza, a settembre, potrà tornare in aula: è in programma la discussione, il processo si avvia all’epilogo e per il delitto di Nereto si avvicina l’ora della chiarezza e il momento della giustizia per Michaela.