FOTO / Vicentini, una vita segnata dai lutti. Ricostruita la tragica sparatoria in famiglia

L’ex primario del Mazzini ha utilizzato la sua P38: ha colpito prima il figlio e la moglie nella stessa stanza, poi la figlia che ha cercato di scappare. Dal 2016 aveva perso cognata e due fratelli

L’AQUILA – Avrebbe premeditato tutto aspettando che i suoi cari andassero a letto prima di fare una strage eliminando di notte la sua famiglia e poi suicidandosi con la pistola regolarmente denunciata, il 70enne noto e stimato ex primario del reparto di urologia del Mazzini di Teramo, l’aquilano Carlo Vicentini. L’arma utilizzata un P38, era una delle tante che, per via della grande passione per la caccia, aveva nella villetta di Tempera, alla periferia dell’Aquila, in cui ieri ad ora di pranzo, è stata scoperta la mattanza.

E’ uno degli elementi ritenuti attendibili da polizia e magistratura nell’ambito delle indagini sulla strage familiare messa in atto dal professore della università dell’Aquila, in pensione da circa due mesi come primario di urologia dell’ospedale di Teramo, che ha ucciso la moglie Carla, 63 anni, la figlia Alessandra, 36, e il figlio Massimo, 43, disabile dalla nascita e in condizioni molto gravi.

Secondo quanto si è appreso, gli omicidi-suicidio sarebbero avvenuti nella notte tra mercoledì e giovedì con Vicentini, considerato un medico di grande valore oltre che una persona disponibile e sensibile, che avrebbe dato sfogo al suo intento folle al culmine di un lungo periodo di depressione che potrebbe essere stata aggravata dalle condizioni gravi del figlio e dal pensionamento avvertito come una perdita di occupazione. Continuava la professione privatamente nello studio al piano interrato della sua villetta gialla nella frazione di Tempera, ma ovviamente nulla di paragonabile con la vita frenetica in ospedale, a Teramo, che in qualche modo riusciva anche ad allontanarlo dai problemi personali. Infine a segnarlo era stata anche la scia di lutti familiari: prima la cognata sotto le macerie del sisma 2009, poi i fratelli Gaspare e Alfonso, quest’ultimo in un incidente stradale.

Sulle responsabilità il quadro delle indagini sembra chiaro. Riscontri e perizie, non ultime quelle della polizia scientifica di Ancona, mirano a stabilire aspetti particolari che non sono destinati a cambiare la situazione complessiva della tragedia. A tale proposito, tra le ipotesi che si fanno largo c’è quella che l’urologo abbia prima sparato alla moglie e al figlio che dormivano nello stesso letto: la figlia, sentiti i colpi di pistola, avrebbe tentato di fuggire nel corridoio ma è stata colpita fuori la porta della sua stanza per essere stata ritrovata poi vicino al letto.

Una volta compiuta la strage il 70enne si è sparato nella sua camera. Emergono particolari anche sul biglietto lasciato dall’omicida: nello scritto con grafia incerta, considerato delirante, il medico cerca di spiegare la sua situazione accusando in maniera farneticanti alcune persone.

Intanto, lunedì sono in programma le autopsie sui quattro corpi.