Andrea Leombruni, il 56enne indagato per aver sparato alla mamma orsa, è chiuso in casa e riceve minacce di morte. Dice all’Ansa: “Ho sbagliato, l’ho capito subito dopo aver esploso il colpo“
L’AQUILA – “Sono tre giorni che non dormo e non mangio, non vivo più, ricevo in continuazione telefonate di morte, messaggi; hanno perfino chiamato mia madre 85 enne, tutta la mia famiglia è sotto una gogna“. Andrea Leombruni, il 56enne di San Benedetto dei Marsi indagat per aver ucciso l’orsa Amarena, si sfoga con Aleando Mariani dell’Ansa, al quale confessa il suo pessimo stato d’animo. Ha presentato una denuncia per minacce. Ne sono arrivate tantissime. “Ti uccidiamo“, “Farai la stessa fine dell”orsa“, “Anche la tua famiglia è in pericolo“. Questo il tenore, e tante intimidazioni sono arrivate anche al telefono. Il suo avvocato, Berardino Terra del Foro di Avezzano, è fortemente preoccupato, sottolinea che Leombruni è distrutto per quanto accaduto, “non voleva uccidere il colpo è partito istintivamente. Ora teme per la sua vita e per la sua famiglia. In queste ore sono arrivate telefonate minatorie“. Fuori l’abitazione dell’indagato (luogo in cui si è verificata la morte del plantigrado) fin dalle prime ore è presente un’aliquota dei carabinieri proprio per evitare gesti pericolosi di chi anche sui social grida vendetta
E’ un provato Andrea Leombruni quello che apre la porta di casa per sfogare dopo giorni le sue ragioni, lui che ha esploso nel cuore della notte il colpo fatale per Amarena, l’orsa bruna marsicana, madre dei due cuccioli che da più di 48 ore i guardiaparco del Parco azionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, insieme ai carabinieri forestale dell’Aquila stanno tendando di catturare con reti ed esche. “Ho sbagliato; l’ho capito subito dopo aver esploso il colpo… i carabinieri li ho chiamati io – continua Leombruni mentre piange rivivendo quelle immagini – ci devi passare per capire quello che sto provando ora“. La famiglia è compatta attorno al commerciante. “Non è giusta questa violenza e questo martirio che ci stanno facendo – commenta la moglie di Leombruni -, c’è la Procura che indaga, sono loro i titolati a farlo, a giudicare, noi sicuramente saremo puniti e ripeto giustamente, ma perché dobbiamo vivere sotto scorta? Perché dobbiamo aver paura di vivere?”.
Poco distante dall’abitazione era spuntato un murales dove veniva raffigurato un cacciatore che imbraccia un fucile con scritto “Giustizia“, cancellato dopo qualche ora da una vernice rossa. “Io ho il porto d’armi, ma non vado a caccia da 25 anni – continua Leombruni -, è successo qui“, indicando il pollaio, una struttura ben recintata con la rete anche nella parte superiore, dove si intravedono ancora le gocce di sangue di Amarena e le penne delle 13 galline mangiate dall’orsa, “in uno spazio piccolissimo, io mi ero appostato per vedere chi fosse, mi sono trovato all’improvviso quest’orso ed ho fatto fuoco per terra, non ho mirato, il fucile aveva un solo colpo“.
Nel frattempo a San Benedetto dei Marsi si respira una aria fitta, pesante, “È una brava persona, ha sicuramente sbagliato ma basta con la persecuzione e l’istigazione all’odio – dichiara un parente -. Qui non siamo pro o contro un orso qui noi stiamo parlando di un padre di famiglia, un lavoratore che non esce di casa da giorni e sta come uno straccio buttato a letto, che riceve quotidianamente minacce di morte; questo murales è una vergogna spero lo rimuovano subito“. Gran parte dei cittadini si sono schierati in protezione dell’indagato Leombruni ed altri invece no. “Siamo qui per proteggere una brava persona – quando i carabinieri che presiedono la casa di Leombruni, dopo le minacce di morte, lì fermano per identificarli – doveva esserci una manifestazione siamo preoccupati“. Si riferiscono al sit-in organizzato dalle associazione ambientalisti, ma poi cancellato dal sindaco Antonio Cerasani e rinviato al 10 settembre.