Il giovane era inabile eppure si è deciso di rinchiuderlo: il ricorso al pronto soccorso del Mazzini poteva essere segnale del disagio psicologico?
TERAMO – La vita di un ragazzo di 20 anni ha un valore troppo alto e la tragedia di Castrogno esige una chiarezza du cause e responsabilità come mai non è stata mostrata fino a oggi sulla questione carceraria. Le polemica che sta divampando in queste ore sulla tragedia verificatasi nel penitenziario teramano di Castrogno, dimostra come il significato di queste strutture vada rivisto radicalmente e che i ragionamenti e le interpretazioni alla base delle scelte detentive, da parte degli organi preposti, debbano trovare un approfondimento multidisciplinare. A partire soprattutto dalle considerazioni medico cliniche sui potenziali detenuti.
La morte di Patrick Guarnieri nel giorno del suo compleanno, è l’ennesimo fallimento della giustizia italiana e del modello rieducativo sotteso alla detenzione in carcere, ormai superato. Il 20enne giuliese, inabile per alcune patologie, è stato comunque portato in cella, in quanto le sue condizioni sarebbero state giudicate compatibili con il regime detentivo. E da qui che partirà, si spera, l’indagine aperta dalla magistratura teramana sulla sua morte per impiccagione, avvenuta questa mattina nel bagno della sua cella dove era rinchiuso, da solo, a Castrogno, da due giorni.
Il malore accusato durante il tragitto verso l’ospedale Mazzini era stato un campanello d’allarme della sua condizione di soggetto fragile e per questo non in grado di affrontare l’isolamento all’interno di una cella detentiva? In queste ore, la madre, anche lei detenuta a Castrogno, ha accusato un malore: non ce l’ha fatta a sopportare la notizia del decesso del suo figlio minore, al quale era molto legato, al punto da essersi tatuata su un braccio il suo nome di battesimo. A lei, assistita al pronto soccorso dell’ospedale di Teramo, hanno portato sostegno – per quel pochissimo tempo che hanno potuto – gli altri figli e tanti altri parenti e amici si sono radunati nei pressi dell’obitorio dove è stata composta la salma del povero Patrick.
Anche questa simbiosi spezzata dall’arresto di entrambi avrà sicuramente influito pesantemente sulla psiche del giovanissimo giuliese e anche questo avrebbe dovuto pesare sulla valutazione di un provvedimento giudiziario di reclusione, piuttosto che di rinnovo di libertà vigilata o magari di arresti domiciliari. Il Paese è pieno di finti folli che ricorrono alla perizia psichiatrica per evitare meritate condanne o di malati immaginari che cercano un alleggerimento delle pene detentive. Ma Patrick no, lui doveva finire in cella…
La condizione carceraria di Castrogno, intesa sia sul fronte detentivo che di quello di sorveglianza, è da tempo al centro di denunce e appelli. Ma sono stati tutti sempre inascoltati. Adesso la morte di Patrick Guarnieri, lo ricordiamo, il terzo suicidio in un anno qui, il penultimo appena un mese e mezzo fa, forse farà degnare di una verifica seria e approfondita chi di dovere?