La Provincia punta a rientrare nel Palazzo del Liceo Delfico

Si lavora alla stesura del ricorso in Cassazione. In città ci sono analoghi casi con indici inferiori (tribunale, II lotto dell’ospedale, scuole primarie). Obiettivo: evitare un ingente danno economico alla città

TERAMO – Il Classico chiuso grida ‘vendetta’, soprattutto alla luce di altre realtà strutturali che ospitano scuole, enti, uffici pubblici e che non sono certo nella condizione migliore, anzi, del Palazzo del Convitto e del Liceo Classico di piazza Dante. Mentre si fa fronte all’emergenza che impone la sistemazione urgente di quasi 1.500 persone tra studenti (circa 1.200), docenti (circa 200) e personale (circa 70) in strutture scolastiche alternative, la polemica infuria sulla decisione adottata dalla magistratura, che ha deciso di sequestrare lo storico edificio.

Non è solo una battaglia tra tecnici (quelli che nel 2016 e nel 2019 effettuarono i primi due studi sulla vulnerabilità sismica) e quelli del Comitato interregionale delle opere pubbliche che assieme a quelli del Mit hanno rivalutato il calcolo ad inizio di quest’anno. C’è tutto un movimento di pensiero, che affronta l’argomento sotto il profilo del ‘costo’ economico e sociale del sequestro, affrontando le conseguenze nell’ambito generale che erano state già valutate dal primo giudice che aveva respinto una prima richiesta di sequestro avanzata dalla Procura teramana.

Perchè le ‘vittime’, il bersaglio principale di questa decisione ‘epocale’ dei giudici del tribunale di Teramo, non è soltanto la popolazione scolastica del Convitto e del Liceo Delfico con le loro famiglie, bensì anche le componenti dell’intero tessuto economico che gravita attorno a una struttura del genere, a cominciare dai commercianti. Un altro colpo mortale al centro storico, dopo la chiusura della scuola Savini.

Per questo la Provincia prova a giocare la carta del piano A: rientrare al Delfico. Come? Attraverso il ricorso in Cassazione, con lo studio e la stesura dei motivi di opposizione, affidati a un pool di legali di studi esterni, teramani e romani, coordinati dal dirigente dell’Avvocatura della Provincia, l’avvocato Antonio Zecchino. Difficile prevede i margini di successo nella richiesta di dissequestro, ma è pur vero che basandosi sulla contrapposizione di valutazioni tecniche, fondamentale potrebbe risultare, ad esempio, la richiesta di una ulteriore verifica degli indici di vulnerabilità, affidati a un organo terzo e super partes. Una richiesta questa, che arriva da più parti dalla politica cittadina.

L’indice inferiore allo 0.60 previsto dalla normativa, infatti, è comune come detto a tanti altri edifici pubblici della città e non solo della città. In molti casi sarebbe addirittura inferiore allo 0.42 del Palazzo del Convitto e del Classico. Alcuni esempi noti, perchè conosciuti all’epoca della psicosi del rischio sismico all’indomani dei terremoti del 2016-2017, sono sicuramente lo stesso Tribunale di Teramo (da cui proviene il provvedimento di sequestro…), il secondo lotto dell’ospedale Mazzini (quello che ospita la divisione cuore e vasi), ma anche alcune scuole tuttora in attività.

(Foto: Vincenzo Lolli da Facebook)

Leave a Comment