TERAMO – Ha tentato di difendersi Gabriella Baire da chi la stava ammazzando. Si è anche fratturata un braccio ma nulla ha potuto contro la quindicina di colpi ricevuti alla testa e in faccia, portati con una spranga di ferro e una forza inaudita. E’ quanto emerso dai primi accertamenti raccolti con l’autopsia, eseguita sul cadavere della badante eritrea di 62enne, del cui delitto è accusata la collega etiope T.L.A., 54enne, attualmente in stato di fermo per omicidio volontario. L’anatomo patologo Giuseppe Sciarra avrebbe individuato sulla parte posteriore e superiore del cranio, ma anche in faccia e sulla bocca, i segni pesanti di colpi devastanti. Ma anche contusioni alle mani e la frattura al braccio sinistro che spiegano della difesa, del tentativo di sfuggire al pestaggio mortale, della vittima. Sono stati prelevati anche brandelli di pelle sotto le unghie della badante uccisa, con l’obiettivo di analizzarli e di sottoporli all’esame del Dna per verificarne la compatibilità genetica con la donna sospettata del delitto. Quest’ultima comparirà domattina nell’udienza di convalida del fermo disposto dal pubblico ministero Davide Rosati, che coordina le indagini. E’ molto probabile che l’udienza si terrà nel reparto dell’ospedale Mazzini di Teramo dove T.L.A. è stata ricoverata in osservazione nella serata di ieri dopo aver dato in escandescenza all’interno del carcere di Castrogno. Ha minacciato gesti di autolesionismo, come aveva tentato di fare anche in occasione dell’arrivo dei carabinieri per il trasferimento in cella. E’ stato necessario dunque portarla in corsia, per un ricovero in osservazione. Per gli inquirenti il caso è sostanzialmente chiuso. In attesa di verificare il movente che ha scatenato il litigio e il delitto, il corollario di indizi nei confronti della donna è pesante, a cominciare dalla chiave della porta del sottotetto, rinvenuta nel giubbotto della etiope ad alcuni indumenti sporchi di sangue e la cui analisi del Dna potrebbe confermarne l’appartenenza alla vittima.
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