TERAMO – E’ stato il giorno di Roberto Marino, detto "il professore", al processo in Corte d’Assise al tribunale di Teramo a Romano Bisceglia, accusato del delitto di Adele Mazza, soffocata e fatta a pezzi a pasquetta di due anni fa. E’ il supertestimone, quello che divideva le sue giornate con l’imputato e la vittima, e che con quest’ultima aveva frequenti rapporti sessuali a pagamento. Tra una reticenza e l’altra, una battuta e saporite gag, davanti alle telecamere di Un giorno in pretura, "lu prufessò" ha sostanzialmente detto quello che l’accusa voleva sapere: «Davo dei soldi ad Adele, era una donna in gamba, ci volevamo bene – ha raccontato ai giurati -. E davo soldi anche a Romano (Bisceglia, ndr) per un dovere morale». Tradotto: circa 1200 euro al mese per entrambi, circa 800 euro per le sigarette, le bollette e qualche affitto all’imputato, circa 400 euro per gli incontri sessuali con Adele Mazza. Dalle domande del presidente Gianni Cirillo e dalle risposte fornite dal testimone, il quadro è risultato abbastanza chiaro, dopo un lungo confronto in aula: i tre, con l’aggiunta della donna ufficiale di Bisceglia, Sofia Marini condividevano le giornate e i ruoli erano definiti, con Roberto Marino a fare il danaroso attratto dal sesso delle due donne e Bisceglia a gestire in proprio i contatti e a favorire gli incontri. E’ lo spunto da quale trae origine la tesi dell’accusa: Adele Mazza voleva affrancarsi dalla vita cui era costretta, sotto le pressioni e le minacce di Bisceglia, ma questi non voleva accettarlo e ha punito con la mostruosa esecuzione questa sua voglia di ribellione. Ed è stato lo stesso superteste a fornire anche un elemento ulteriore: Adele gli sussurrò che avrebbe trascorso il giorno di Pasqua a casa di Romano Bisceglia.