TERAMO – Una federazione tra Atenei può essere la soluzione per il futuro dell’Ateneo teramano? L’idea lanciata ieri dal Governatore Gianni Chiodi raccoglie consensi ma anche perplessità. Intanto anche i gruppi studenteschi annunciano di voler partecipare, come “spettatori”, alla conferenza stampa che il Rettore Rita Tranquilli Leali terrà la prossima settimana, per rompere il silenzio e parlare apertamente del futuro dell’Ateneo.
LA PAROLA AGLI STUDENTI – «No all’accorpamento, sì alle sinergie tra Atenei». E’ questa la posizione espressa dal rappresentante di Azione Universitaria Antonio Coppola. «E’ positivo che finalmente si inizi a ragionare a tutto tondo sul sistema universitario abruzzese. E’ assurdo, ad esempio, che esistano tre Facoltà di Economia, e che altri settori, altamente specializzati, come quello di Biotecnologie non ricevano la giusta pubblicizzazione perché ogni Ateneo è troppo occupato a difendere le proprie proposte». Secondo Coppola anche l’Ateneo teramano dovrebbe ripensare se stesso, chiudendo alcune sedi distaccate. «E’ giusto – precisa – operare una distinzione: Atri e Gulianova vanno chiuse, perché mancano di appeal e hanno pochi iscritti: Scienze manageriali dello Sport e l’indirizzo turistico dovrebbero essere spostati a Teramo, anche perché solo di corrispondenza postale, si spendono circa 40 mila euro l’anno. Diversa la situazione ad Avezzano, dove le iscrizioni tengono e consente all’Università di radicarsi sul territorio marsicano». Gli studenti vivono sulla propria pelle il problema del progressivo spopolamento dell’Ateneo. «Il problema del calo degli iscritti esiste – aggiunge Coppola – l’aspetto più grave è che Teramo sta perdendo attrattività nei confronti degli studenti fuori sede, che sono sempre meno, mentre, a causa della crisi economica, è aumentato il numero di universitari teramani, questo anche per la carenza di servizi e di opportunità offerte dalla città stessa». Coppola solleva poi il problema della perdita del Corso di Economia bancaria, finanziaria ed assicurativa, che la Crui ha tolto a Teramo ed è invece stato istituito a Tor Vergata. Il presidente di Azione Universitaria Francesco Di Giuseppe, e i consiglieri di Giurisprudenza Carla Zinni e Pietro D’Amico aggiungono anche che le «recenti dichiarazioni critiche apparse sulla stampa sono demagogiche e fallaci, in quanto sono il mero risultato di una pianificata operazione di strumentalizzazione politica, il cui unico obiettivo è la denigrazione dell’Ateneo teramano».I rapresentanti studenteschi non negano l’esistenza di alcuni deficit, di problemi organizzativi e strutturali «tuttavia – affermano -il livello qualitativo dell’offerta formativa, lo spessore scientifico del corpo docente, le dimensioni “a misura d’uomo” ed i contenuti costi di frequenza rappresentano aspetti indubbiamente vantaggiosi della nostra università. A riprova, l’ultima classifica pubblicata dal Censis la pone al secondo posto nazionale, per qualità, tra tutti i piccoli atenei, con un punteggio di 94 su 100». Azione universitaria parla anche di «occulte manovre speculative che incombono sul cielo dell’Università di Teramo», e invita l’opinione pubblica a «diffidare dalle tante voci critiche dietro le quali non si celano grilli parlanti ma rapaci avvoltoi».
RUFFINI (PD): «LA FEDERAZIONE DI ATENEI? NON BASTA» – Per il consigliere regionale Ruffini, le ultime notizie sul crollo degli iscritti all’Università di Teramo dimostrano che la politica del rilancio culturale del teramano auspicata dal Presidente Chiodi ha fallito. «La proposta di una federazione degli Atenei avanzata da Chiodi – precisa Ruffini – è una soluzione sulla quale in prospettiva bisogna ragionare, anche perché permetterebbe di razionalizzare alcuni tipi di costi e soprattutto qualificare meglio l’offerta formativa rendendolo più competitiva.Allo stato attuale è però un’ipotesi prematura. Ritengo che l’università di Teramo debba prima risolvere i suoi problemi legati ad esempio alla carenza dei servizi e dell’offerta formativa. Penso ad esempio ai numerosi studenti pendolari che non trovano alloggi a prezzi convenienti, ai pochi collegamenti tra il centro e Colleparco, alle poche biblioteche. Sono questi i disservizi che scoraggiano gli studenti a restare a Teramo e che al contrario li trasformano in pendolari di lungo corso». Ruffini lancia quindi l’idea di un "Patto per Teramo" che coinvolga tutti: istituzioni politiche e culturali, università, studenti, rappresentanti del mondo delle categorie e dei sindacati. «In questo luogo – afferma credo che si debba discutere del rilancio culturale della nostra Provincia ed in tal senso offro la mia disponibilità a dare un contributo fattivo per una soluzione immediata al problema». Per il consigliere la Federazione rappresenta quindi un punto di arrivo«a cui si giunge tramite un lungo percorso di riorganizzazione degli atenei, ma, di certo non può essere la soluzione “definitiva”». Ruffini infine insiste sul completamento di alcune opere importanti a rilanciare l’immagine del nostro Ateneo, come la Casa dello studente e contesta la scelta di destinare i fondi Fas al restyling del centro storico di Teramo piuttosto che a questa grande incompiuta. «Sarà che quei finanziamenti portano più facili consensi alla politica mentre quelli destinati agli alloggi di studenti di fuori regione (che non votano in Abruzzo) possono passare in secondo piano?» chiede Ruffini a Chiodi.
SACCO (IDV): «CHIUDERE SUBITO LE SEDI DISTACCATE» – La questione del futuro dell’Ateneo teramano sarà affrontata anche in Consiglio provinciale. Mauro Sacco (IDv) presenterà infatti un’interrogazione chiedendo «quali interventi intenda mettere subito in atto l’Amministrazione attiva per arginare la grande “emorragia” dovuta al calo del numero delle immatricolazioni, che sono passate da 8.111 per l’a.a. 2006/2007 a 6.489 per l’a.a. 2012/2013 in considerazione che, se il trend negativo dovesse ripetersi anche per gli anni successivi, è facilmente immaginabile che l’Università rischierebbe la chiusura» e di promuovere un incontro con i vertici dell’Ateneo «al fine di chiedere la chiusura delle sedi distaccate, che hanno rappresentano il vero disastro finanziario ed il fallimento della gestione dell’Università».