TERAMO – Riordino delle Province: il vicepresidente Renato Rasicci spara a zero contro l’ipotesi di accorpamento tra Teramo e l’Aquila. L’occasione è offerta dalla conferenza stampa dell’associazione “Teramo Nostra”, che ha scelto la sala Giunta dell’Ente per continuare ad esprimere la propria solidarietà. Rasicci, dopo aver ringraziato Teramo Nostra, si è lasciato andare ad uno sfogo a tutto tondo. «I criteri per l’accorpamento – ha detto Rasicci – dovrebbero essere meritocratici e non legati meramente all’ampiezza o al numero di residenti, altrimenti, se ce lo avessero detto un anno prima, avremmo dato la cittadinanza a 30 mila immigrati». Rasicci ha poi ribadito che i conti della Provincia di Teramo sono a posto «lo stesso – ha affermato polemicamente – non si può dire per altre due Province della nostra Regione». Rasicci sé anche detto «disgustato» dall’atteggiamento assunto da altri suoi colleghi nel corso delle riunioni dellUpi (Unione delle Province). «Chi si è salvato – ha aggiunto – se n’è letteralmente fregato del destino degli altri. Il sindaco e il presidente della provincia dell’Aquila si sono accontentanti di aver saziato la propria “pancia”. Da quando c’è stata la tragedia del terremoto, d’altronde, basta che piangano un po’ per ottenere tutto e non mostrano alcun interesse per la compartecipazione a progetti comuni o bandi europei». Rasicci, come ha già fatto Teramo Nostra, ricorda l’atto di “generosità” compiuto dalla Provincia teramana nel 1927, quando con decreto regio furono trasferiti 35 Comuni nel pescarese. «A questo punto chiediamo che ce li ridiano. Il problema, non sono, come molti credono, le poltrone: io ho il mio lavoro e penso che ogni politico debba averlo, e che al massimo possa richiedere un piccolo rimborso spese, il problema sono i servizi ai cittadini che verranno a mancare», ha concluso.
LE SCUSE DI RASICCI – A pochi minuti di distanza dalle sue dichiarazioni, che sono suonate un po’ troppo forti, il vicepresindente della Provincia ha inviato una nota di chiarimenti e scuseche riportiamo per intero:
«Ho usato parole inappropriate, nella foga del discorso rispetto ad una vicenda che ci ha punto nel vivo perché noi teramani siamo rimasti inascoltati, ho detto cose che possono essere fraintese e me ne scuso con i fratelli aquilani. Tutto parte da una constatazione: in questi tre anni, nel sociale, noi abbiamo avuto modo di lavorare spesso con le altre amministrazioni abruzzesi con progetti di partnerariato mentre questo non accade con le istituzioni aquilane, probabilmente proprio perché alle prese con una situazione eccezionale, la ricostruzione post terremoto. E’ chiaro che quella che è una necessità per gli aquilani, ovvero il bisogno di una maggiore attenzione, di maggiori fondi, di maggiori sostegni da parte dello Stato, qualche volta ha fatto passare in secondo piano le esigenze di altri territori e di questo un po’ soffriamo. Noi, però, dobbiamo difendere gli interessi della comunità teramana che rischia la sua coesione sociale in questo corto circuito di contingenze e, quindi, dobbiamo pretendere dalle altre Province che si sono salvate, sulla base di criteri che non siamo i soli a definire molto discutibili, di tener nel debito conto le esigenze di tutta la comunità abruzzese superando i localismi e non pensando solo ai benefici che a loro possono derivare».