TERAMO – Venanzio Cretarola non le manda a dire, come è nel suo carattere, e sostiene un duro confronto con il gip Giovanni de Rensis e il pubblico ministero Stefano Giovagnoni nel corso dell’interrogatorio che segue la misura cautelare del divieto di dimora a Teramo nell’ambito dell’indagine sulla gestione di Teramo Lavoro. L’amministratore della società in house della Provincia, nell’anticipare ai giornalisti fuori del tribunale che domattina si dimetterà dalle sue funzioni – precisando di farlo però «soltanto perchè la società è chiusa ormai, non è in attività per i noti problemi» -, punta il dito contro chi lo ha accusato di non aver mai lavorato da amministratore e di aver in sostanza "rubato" lo stipendio: «A parte che per i quattro msi di vita della società non ho preso denaro per dare priorità ai dipendenti – ha detto alla presenza del suo legale, Cataldo Mariano – e che l’ho fatto ancora nell’ultimo anno e mezzo, cosa dicono le due dirigenti della Provincia è smentito dalle carte che ha lo stesso pubblico ministero: ero tutti i giorni a Teramo ed è testimoniato anche dai voi giornalisti, ho viaggiato ogni giorno da Roma e lo dimostrano i passaggi del Telepass, ci sono i testimoni, i dipendenti della Teramo Lavoro, di quello che dico, oltre che agli atti che ho adottato e prodotto». Incontrovertibile, dunque, secondo Cretarola, quanto dimostrato per controbattere la contestazione della truffa aggravata per aver percepito, secondo la procura di Teramo illecitamente, la somma di 42mila euro quale coordinatore di progetto. L’avvocato Mariano è entrato nel dettaglio delle contestazioni ma anche delle misure cautelari, personali e reali, come il divieto di dimora a Teramo e i sequestri per equivalente che il gip h adottato per Cretarola: «Premettendo che le contestazioni nei confronti di Catarra e Lagatta sono ancora più inconsistenti di quelle mosse all’amministratore – ha spiegato il legale -, non si capisce perchè Le misure sono state chieste ed adottate soltanto nei confronti di Cretarola, quando è tacito che nel caso di sequestro per equivalente possono essere chiamati a risponderne anche i correi». Secondo la difesa, Cretarola è, ed è stato, vittima di una «campagna mediatica di due dirigenti della Provincia le cui dichiarazioni non hanno trovato riscontro alcuno nelle carte dell’inchiesta». «Sono profondamente indignato – ha aggiunto Cretarola -, sul piano professionale e personale, di essere accusato di aver percepito indebitamente del denaro se si pensa che ho rinunciato all’indennità di carica, per cui non c’è bisogno di riscontro di attività e soprattutto non è richiesta la presenza». Il confronto durato quasi due ore, si è concluso con la richiesta, concessa, di deroga al divieto di dimora a Teramo per poter incontrare senza limiti di tempo, il proprio legale per il disbrigo di tutte le formalità legate alla carica e al mandato: «Sono convinto che il pubblico ministero Stefano Giovagnoni – ha concluso l’avvocato Mariano -, conoscendone la serietà e la sensiblità professionale, possa convincersi, all’esito di questo interrogatorio, della bontà di una richiesta di archiviazione della posizione di Cretarola».
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