TERAMO – Il trasferimento di Davide Rosci, l’ennesimo, dal carcere di Teramo di nuovo a quello di Viterbo, torna a riaccendere la polemica e il motivo della ‘repressione’. Il leader di Azione Antifascista di Teramo, in cella perchè condannato a sei anni di reclusione per aver partecopto alle devastazioni e all’assalto al blindato dei csarabinieri a Roma nell’ottobre di due anni fa, era riuscito ad ottenere un riavvicinamento alla sua famiglia dopo lunga e penosa visicissitudine. Addirittura anche con il sostegno di una mozione bipartisan approvato dal consiglio regionale abruzzese. Adesso questa novità: ieri mattina in gran segreto come accade solo nei migliori film di spionaggio, il cellulare della peniteniaria ha trasferito Rosci ancora nel Lazio. Perchè? E’ quanto si chiede, dandone notizia, il consigliere regionale del Partito della Rifondazione Comunista, Maurizio Acerbo. «Riprende un’odissea di cui non si capisce quale sia la ragione se non una assurda volontà persecutoria nei confronti del nostro compagno – recita una nota di Acerbo -. Ricordo che Rosci fu trasferito da Teramo prima nel carcere di Rieti e poi in quello di Viterbo. Dopo mesi si era ottenuto che tornasse a Teramo in occasione di una serie di processi in cui è risultato sempre assolto ma che testimoniano come nei suoi confronti sia in atto da tempo un
accanimento persecutorio». I suoi legali avevano avanzato a nome dei familiari la richiesta di scontare la pena nel carcere della sua città in quanto l’anziano padre per motivi di salute non poteva affrontare viaggi in altre città italiane. «Questa sacrosanta richiesta dalle evidenti ragioni umanitarie è stata sostenuta da parlamentari abruzzesi e dallo stesso Consiglio Regionale che aveva approvato all’unanimità una risoluzione lo scorso 16 luglio. Nelle scorse settimane – prosegue Acerbo – era giunta alla presidenza del Consiglio Regionale una nota del ministro Cancellieri da cui si evinceva che Davide sarebbe rimasto a Teramo. Comunque la vicenda pareva chiusa e attendevamo con amici e familiari che venisse finalmente esaminata la richiesta di scontare la pena ai domiciliari. Invece è arrivata l’ennesima angheria che getta nello sconforto una famiglia già provata». Acerbo si domanda perchè di questo accanimento e chiede una presa di posizione dei parlamentari.