TERAMO – Profanato il "sacrario" della morte di Antonio De Meo. A fare la scoperta e’ stata la mamma del giovane studente e cameriere di Castel di Lama (Ascoli Piceno) ucciso con un pugno da una gang di rom, nell’agosto del 2009 nello spazio retrostante l’albergo-ristorante di Villa Rosa di Martinsicuro dove lavorava d’estate. Quel luogo era diventato, appunto il sacrario in cui la mamma, Lucia Di Virgilio, piu’ volte a settimana va a rendere omaggio al figlio la cui foto troneggia sulla recinzione. Un piccolo altare infiorato del ricordo e della riflessione. Ieri, la scoperta che qualcuno, vile e senza rispetto per una famiglia distrutta dal dolore di quell’assassinio, ha bruciato la foto sbattendo a terra i fiori fino a spetalarli. "E’ stato tremendo, un dolore mai sopito che si e’ rinfiammato – racconta Lucia Di Virgilio. In macchina tengo con me altre foto di Antonio e subito ho sostituito quella bruciata. Mi addolora il fatto che non si rispetti la memoria di mio figlio e il nostro dolore". Per l’assassinio di De Meo, all’epoca dei fatti 23enne, la squadra mobile di Teramo, un anno fa, arresto’ due della banda di rom, all’epoca dei fatti minorenni, che presero a pugni e uccisero la notte fra il 9 e il 10 agosto 2009 il giovane marchigiano. Antonio De Meo aveva appena finito il suo turno. E nel parco adibito a luna park a Villa Rosa, dietro l’hotel dal quale aveva appena finito il servizio serale, vide la bici che gli era stata appena rubata, nelle mani di un gruppo di ragazzini. L’errore fu chiederne la restituzione: fu aggredito e preso a pugni da tre ragazzi, uno di 15, uno di 17 e l’altro di 13, per questo non imputabile. I due rom piu’ grandi erano stati condannati a 8 anni ed un mese ciascuno.
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