Crac Di Pietro, il pm presenta il suo "conto" di condanne

TERAMO – Il processo per la bancarotta fraudolenta delle aziende facenti capo agli imprenditori Di Pietro, si avvicina alla conclusione. La pubblica accusa ha chiesto la condanna a 12 anni di reclusione per Maurizio Di Pietro, 9 per Guido Curti e 3 per Nicolino Di Pietro. Nei confronti di quest’ultimo il magistrato ha chiesto l’assoluzione per altri capi di imputazione, ritenendolo un protagonista di secondo piano nell’intera vicenda. A queste richieste personali si aggiungono quelle fiscali, con la confisca delle quote delle due società ‘incriminate’, la De Immobiliare e la Kappa Immobiliare. Si tratta di due società controllate per la quasi totalità da ciprioti e secondo la pubblica accusa costituiscono il provento del reato, frutto della bancarotta fraudolenta e documentale attraverso lo svuotamento dei conti delle società in Italia. Il pm Irene Scordamaglia ha chiesto anche che vengano trasmessi agli organi competenti gli atti riguardanti due banche, Carim ed Etruria. Secondo la procura teramana non avrebbe vigilato sui movimenti bancari nei conti intestati alle società coinvolte nell’inchiesta, liquidando anche ingenti somme di denaro su richiesta di amministratori senza inoltrare mai una segnalazione agli organismi preposti al controllo contro il riciclaggio, parlando per questo di “connivenza degli istituti bancari". I tre imputati principali di questa vicenda furono arrestati nel gennaio di due anni fa e in particolare Maurizio Di Pietro e Guido Curti rimasero in cella per sei mesi prima di ottenere gli arresti domiciliari e successivamente la libertà. Il processo riprenderà il 20 gennaio con le parti civili.